I “veleni” nella Valdastico, Brebemi e A4
PADOVA «Bronse coerte», si dice in veneto: è la fotografia dello smaltimento dei rifiuti industriali nella nostra regione, raccontata in molte pagine del libro di Paolo Coltro e Luigi Perrella. Sotto la Valdastico Sud, 54 chilometri, con 11 uscite, svincoli e ponti strallati che pare di andare a Long Island invece che a Longare, sono finiti centinaia di migliaia di metri cubi di resti di fonderia non trattati. Arrivavano anche 80 camion per notte, provenienti da Arzignano. La magistratura ha portato alla sbarra 27 persone. Ma dopo l'archiviazione di 22 posizioni, fra cui quella dell'ex presidente della Brescia-Padova Attilio Schneck, il processo a Vicenza è a rischio prescrizione. Rifiuti dello stesso genere sono stati trovati sotto la Transpolesana, che incrocia la Valdastico Sud. L'impresa Mestrinaro ha "dopato" la terza corsia della A4 tra Quarto d'Altino e San Donà con 34.157 tonnellate di scarti industriali non trattati. Ha fatto lo stesso con il parcheggio P5 dell'aeroporto Marco Polo, lastricandolo con oltre 4.000 tonnellate di rifiuti tossici rifilati a Save Engineering spa. Con pericolo elevato per le persone, accertato dal Noe dei carabinieri di Venezia. Mestrinaro è a processo e la Save ha evitato il collaudo dell'opera per contenere il danno (!). C'è la vicenda del dirigente regionale Fabio Fior, componente della commissione Via e titolare di una ditta privata, con la quale eseguiva accertamenti e collaudi che poi approvava. Tra i beneficiati la Mestrinaro di cui sopra. Fior è stato un'autorità in materia di controllo ambientale, Giancarlo Galan l'aveva suggerito al governo come consulente nello scandalo dei rifiuti in Campania, tanto che fu incluso nel pool di Guido Bertolaso. Il suo arresto dà un'idea del livello dei controlli che ci sono stati in questi anni nel Veneto. C'è la storia di Franco Caccaro, l'imprenditore di Campo San Martino, titolare della Tpa, ritenuto dai magistrati prestanome in Veneto dell'avvocato Cipriano Chianese, il re dei rifiuti di Caserta. E la storia inversa di Stefano Gavioli: non è la camorra che lo cerca, è lui che si trasferisce in Campania e poi in Calabria, a stoccare rifiuti tossici, con i noti sistemi, finendo arrestato. La sua vicenda ha contribuito a distruggere la Banca del Veneziano, che gli prestava i soldi. L'elenco delle discariche abusive non finisce più: si scoprono rifiuti sepolti nei campi del Veronese, 5600 tonnellate di scarti ferrosi abbandonati a San Donà, inerti spiaggiati a Treporti e Cavallino, residui nocivi spediti nel Trevigiano dalle concerie vicentine, mollati senza ritegno lungo il Brenta. Perfino fanghi di depurazione mescolati al compost venduto agli agricoltori da una ditta veronese. Ma consoliamoci. Così fan tutti. Nel novembre 2014 il pm milanese Roberto Pennisi, ascoltato dalla commissione sulle ecomafie, diceva: «L'unico scopo al quale fino a questo momento è servita la Brebemi è stato interrare rifiuti». La Brebemi (Brescia, Bergamo, Milano) è la Pedemontana lombarda. Quella veneta è in costruzione, lunga 90 chilometri, di cui molti in trincea. Perché dovrebbe sfuggire al trattamento? Nessuno va a scoperchiare un'autostrada per bonificare il sottosuolo. Renzo Mazzaro