Europa
Alessandro Barbera / ROMAÈ arrivato il cigno nero dall'Atlantico? A precisa domanda, ai piani alti della Banca centrale europea si mostrano cauti. Alcune coincidenze ricordano quel 15 settembre 2008. La peggiore è l'assenza di consapevolezza: due settimane prima del crac di Silicon Valley e Signature Bank il colosso della consulenza Kpmg aveva fornito certificazioni di buona salute finanziaria. Le dimensioni del crac non sono paragonabili ad allora, né le cause che permisero il contagio da Lehman Brothers al sistema bancario europeo, molto più solido e regolato di allora. Eppure la preoccupazione per quello che sta accadendo c'è, e lo dimostra la decisione dei ministri finanziari dell'area euro di discuterne nella riunione che ieri avrebbe dovuto essere dedicata alla riforma delle regole di bilancio.La versione concordata nei contatti fra Bruxelles e Francoforte e con i grandi banchieri è di distinguere fra contagio "diretto" e "indiretto". Rischi di contagio diretto non ce ne sono. La crisi di Silicon Valley Bank (Svb) è stata innescata da un allentamento delle regole solo negli Stati Uniti: poiché la pandemia aveva gonfiato i depositi, e poiché occorreva stimolare l'economia, sono stati agevolati i disinvestimenti verso i fondi, senza cura per le conseguenze sui portafogli delle banche, le quali nel frattempo hanno investito in titoli di Stato a lunga scadenza. Questo è il contagio diretto che l'Europa non teme: le regole imposte dalla vigilanza europea - la guiderà fino a dicembre l'italiano Andrea Enria - si fondano sui principi di Basilea 3 ovvero il divieto di esposizioni patrimoniali simili a quelle concesse a Svb. Un'altra differenza sostanziale con gli Stati Uniti è che in Europa sono ancora in funzione alcuni strumenti anticrisi come le aste di liquidità straordinaria: di fatto un meccanismo che permette alla Banca centrale europea di assistere chi avesse bisogno di denaro fresco a prezzi irrisori. I rischi "indiretti" invece ci sono eccome. C'è l'incognita dell'irrazionalità: nessuno può evitare che una qualunque grande banca europea, magari attraversata da problemi momentanei, si trovi agli sportelli i risparmiatori nel panico. Non deve essere necessariamente una banca dell'area euro: ieri ad esempio i mercati si sono accaniti sulla svizzera Credit Suisse, la quale ha presentato un piano di ristrutturazione che non ha convinto i mercati: le azioni sono crollate del 12 per cento. L'altro rischio indiretto riguarda l'esposizione del sistema a dieci anni di tassi zero: non è un caso se ieri le banche italiane che hanno registrato maggiori perdite sono quelle che in passato hanno investito di più in titoli pubblici. La principale causa del crac di Svb è stato il forte deprezzamento dei bond pubblici in cui aveva investito: per liquidare chi ha deciso di lasciare la banca, Svb ha dovuto cedere i titoli acquistatiin passato e con rendimenti vicini allo zero. Nel frattempo però, per fermare l'inflazione, la Federal Reserve ha alzato rapidamente i tassi di interesse e così è diventato difficile vendere i titoli con rendimenti inferiori. Ebbene, il timore che circola in Europa è di un caso Svb nel cuore del Continente. Così ieri si è organizzato il partito delle colombe, coloro che premono per evitare che la Banca centrale europea alzi i tassi con la stessa determinazione degli americani: il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco, i colleghi spagnolo, greco e portoghese, il capo economista della Bce (molto vicino a Mario Draghi), l'irlandese Philip Lane. Con loro, firmando una nota quasi esplicita da Bruxelles, si è schierato il ministro del Tesoro Giancarlo Giorgetti, preoccupato per l'aumento del costo degli interessi sul debito italiano. «Confidiamo che se necessario anche le autorità europee intervengano valutando le implicazioni per la politica monetaria».In Europa i tassi sono fermi al 3 per cento. Giovedì nel grattacielo di Francoforte si riuniscono i venti governatori della zona euro. Fino all'esplosione del caso Svb tutti davano per scontato un aumento di mezzo punto percentuale, ieri sui mercati si scommetteva su una decisione più cauta, ovvero un quarto di punto. Le probabilità che vada così sono basse: l'opinione prevalente è che l'inflazione è ancora troppo alta per essere combattuta con un costo del denaro così basso. Il fantasma del cigno nero intanto ha prodotto una conseguenza rilevante: l'Eurogruppo ha invitato il governo a ratificare la riforma del fondo salva-Stati. «Le turbolenze sui mercati ne sottolineano l'importanza», ha detto il direttore Pierre Gramegna. Difficile dargli torto.--© RIPRODUZIONE RISERVATA