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PADOVAIl confronto, impietoso, dice tre contro 60. Numeri che aggiornano al mese di febbraio appena concluso l'emergenza siccità in Veneto. Un fenomeno che, con il passare dei mesi, vede allargarsi il divario tra quello che un tempo era normale e la nuova realtà di oggi che parla di eventi atmosferici profondamente segnati dal cambiamento climatico. Tre contro sessanta, si diceva: in Veneto a febbraio scorso sono mediamente caduti 3 millimetri di pioggia; la media del periodo 1994-2022 è di 60 millimetri. Gli apporti meteorici mensili sul territorio regionale - si legge nell'ultimo bollettino Arpav aggiornato a fine febbraio - sono pressoché nulli (-96%) e sono stimabili in circa 46 milioni di metri cubi d'acqua. Per ritrovare una situazione simile bisogna tornare al 1997, con 4 millimetri. Il rapporto mensile sulla risorsa idrica in Veneto, evidenzia inoltre che in tutti i bacini idrografici della regione si riscontrano condizioni di elevato deficit pluviometrico, che variano dal -90% del Po al -98% di Adige, Lemene, e nella Pianura tra Livenza e Piave, Sile e Tagliamento. Nel mese, l'indice Spi che quantifica l'impatto del deficit di precipitazioni in diverse scale di tempi, delinea segnali di siccità "moderata" sulla provincia di Rovigo, sulla punta meridionale di quella di Venezia, sulla zona dell'alto Garda e su una fascia tra Bellunese, Vicentino e Trevigiano. Ma sul resto del Veneto mette in evidenza siccità classificata come "severa", che diventa "estrema" in alcune aree del Veneziano. Per quanto riguarda i fiumi, alla data del 28 febbraio le portate «si mantengono ancora nettamente inferiori alle medie storiche su tutti i principali corsi d'acqua».«È fondamentale tutelare le risorse idriche che abbiamo a disposizione e potenziare la capacità di stoccaggio negli invasi esistenti mettendo in efficienza quelli penalizzati da masse di detriti, incrementare i sistemi di ricarica artificiale della falda e sfruttare la capacità che può assicurare la rete di cave dismesse in pianura» sottolinea il presidente della Regione, Luca Zaia. «I dati ci dicono che possiamo parlare oggettivamente di emergenza perché lo dice la realtà, non perché si vogliono creare allarmismi».Non è andata molto meglio per quanto riguarda la neve. La temperatura media, infatti, è risultata ben oltre la norma (scarto +2,6° C rispetto alla media). Particolarmente calda la seconda decade del mese (scarto +8°C rispetto alla media) che è stata in assoluto preceduta solo dalla seconda del febbraio 1998 (serie storica 1990-2022). Queste temperature, si legge nel rapporto, hanno determinato la fusione del manto nevoso lungo i versanti al sole fino in alta quota. Le precipitazioni sono state quasi assenti e pari a 5-15 cm di neve fresca nelle Dolomiti e 5-10 cm nelle Prealpi. Nella stazione di riferimento di Cima Pradazzo - Lago di Cavia, nel mese sono caduti solo 5-10 cm di neve, valori simili al febbraio del 2020, 2003, 2000, 1997, 1993 e 1981. Dall'1 ottobre alla fine di febbraio, il deficit di precipitazione nevosa è del 32% nelle Dolomiti, pari a circa 115 cm di neve fresca e del 20% nelle Prealpi a 1.600 metri pari a 50 cm di neve fresca.«L'acqua è vita e per quanto riguarda la nostra parte per il Veneto la stiamo sostenendo - conclude Zaia -. La Regione sta promuovendo interventi e sta preparando un piano irriguo ma bisogna guardare a una strategia a livello nazionale con la definizione di un piano straordinario». Una speranza che per il Veneto "vale" 900 milioni in 10 anni. --M.MAR.© RIPRODUZIONE RISERVATA