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L'isola di sabbia vera, e non artificiale, in Pineta c'era già. Bisogna tornare indietro negli anni, nei decenni, per ricordare quella grande massa di sabbia che le foto in bianco e nero ritraggono negli anni Sessanta e Settanta e almeno fino ai primi Ottanta. Oggi che torna d'attualità la lotta all'erosione e l'assessore regionale Francesco Calzavara, in occasione degli Stati generali della montagna a Belluno, organizzati dal Corriere delle Alpi e dal Gruppo Gedi, ha portato come esempio di un futuro neanche troppo lontano le mega isole artificiali di Dubai come soluzione da qui al 2050, più di qualcuno a Jesolo ha ricordato cosa è stata la Pineta.Un chilometro di sabbia e dune meravigliose che ricordavano le Canarie, addirittura laghetti che si formavano all'interno, da attraversare con l'ausilio di ponti in legno. Alla fine degli anni Ottanta e nei primi anni Novanta cambia tutto. Qualcuno riduce il pontile in roccia alla foce del Piave, lato Jesolo, le correnti cambiano il loro giro e l'acqua inizia a mangiarsi la Pineta a Cortellazzo, apportando sabbia nella parte centrale a partire da piazza Torino verso ovest. La Pineta viene sacrificata rispetto al lido del business turistico. Quando gli operatori se ne accorgono è troppo tardi. Il naturalista Michele Zanetti non ha dubbi: «La pineta è stata urbanizzata in gran parte con il passare degli anni, perdendo un patrimonio naturale inestimabile. Per proteggere la spiaggia della pineta bisognerebbe intanto togliere la vegetazione che non è autoctona, erbacce e piante alloctone. L'erosione è figlia della scarsa alimentazione e ripascimento naturale del Piave con il lento incremento del livello del mare a causa del riscaldamento globale. Pescare la sabbia dai bassi fondali non è la soluzione, perché è sabbia mista a melma. Servono scogliere opportunamente collocate studiando le correnti. Le isole artificiali saranno sommerse: se il mare si alza di un metro a fine secolo non rimarrà più niente qui». Rodolfo Murador, ex consigliere comunale, fondatore di Jesolo Forum, piattaforma di dibattito social che ha tenuto banco a Jesolo per anni con 17 mila iscritti, conosce bene questo territorio dopo aver interpellato esperti geologi e naturalisti. «Da ragazzo lavoravo nella consegna di bibite», ricorda, «a fine anni Settanta studiavo Filosofia a Padova e mi mantenevo agli studi. In Pineta dovevamo affrontare un chilometro per arrivare al chiosco. Nessuno la voleva fare perché era drammatico caricarle su un carrettino. Non si vedeva neppure il mare e c'era un laghetto interno da attraversare con un pattino. Il Piave era un salvavita per la spiaggia, ma è stato fermato in vari tratti per la costruzione delle centrali idroelettriche. La sabbia dorata dalle Dolomiti non è più arrivata. Le sue piene bloccavano il peggior scirocco. Oggi l'acqua salata arriva fino a Noventa. Negli anni '80 sono arrivati i pontili al lido, ma tolte le dighe in Pineta e il ripascimento è stato dirottato da est a ovest. In Pineta non si è fatto più nulla. E ogni anno sono stati spesi circa 3 milioni di euro per il ripascimento. Quasi 100 milioni in trent'anni. Il 1993 è la data di riferimento. Perché da allora le amministrazioni comunali che si sono succedute non hanno mai sperimentato le barriere parallele alla spiaggia come in buona parte delle località turistiche dell'Adriatico? Forse oggi non avremmo questi problemi. Basta almeno fare una sperimentazione. La verità è che Jesolo non è governata dalla politica, ma da un'oligarchia finanziaria di non più di 50 persone che decidono tutto». Un amante della pesca come Aleandro Ballarin, ex sottotenente di vascello della Marina e capitano della Croce Rossa, ricorda con nostalgia le dune della pineta. «Erano meravigliose», dice, «e le abbiamo viste scomparire davanti agli occhi. Ci sono tante concause, dal Piave che non apporta sabbia perché fermato da dighe e centrali, correnti che sono state modificate da interventi sbagliati. Future isole artificiali sono affascinanti, ma prima ci vorrebbero delle dighe soffolte per proteggere davvero la spiaggia».E c'è anche qualche racconto di chi arrivava a Cortellazzo in bicicletta: «Da San Donà», racconta Antonio Balliana, «inforcavamo la bicicletta per arrivare alla spiaggia della Pineta. Qualcuno ci portava la fidanzata. All'epoca, erano le nostre vacanze esotiche. Era meraviglioso e già dal '46 si veniva a Jesolo, addirittura a piedi pur di passare una giornata al mare. Non c'erano voli aerei e vacanze in altri paesi del mondo, c'era solo Jesolo. Noi anziani, ormai arrivati alle soglie dei 90 anni, abbiamo questi ricordi e soffriamo nel vedere scomparire una spiaggia così bella, che oggi è ridotta a poche decine di metri in certi punti. È stato criminale perdere questo patrimonio naturale, che non aveva nulla da invidiare alle spiagge tropicali». --© RIPRODUZIONE RISERVATA