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il retroscenaFederico CapursoIlario Lombardo / RomaIn appena 24 ore Giorgia Meloni si è dovuta occupare per ben due volte degli umori di Silvio Berlusconi. La prima, tentando di dimostrare pubblicamente all'alleato che, in fondo, le critiche a lui rivolte da Volodymyr Zelensky non erano poi così dure. La seconda, con la decisione di chiamare direttamente il fondatore di Forza Italia, nel giorno in cui gli ucraini sono tornati ad attaccarlo. Di questa telefonata, rivelata da fonti di governo, però non c'è una conferma ufficiale da entrambe le parti. Quel che si racconta è di un Berlusconi deciso a spiegare la propria posizione sui rapporti con Kiev e più precisamente sull'invio degli aiuti militari. L'ex premier avrebbe consigliato a Meloni di non incrementare le forniture, con armi più pesanti e caccia, per evitare un'escalation che in Italia, stando ai sondaggi sempre letti attentamente dal Cav, spaventa molti. In cambio, Meloni ottiene la promessa del silenzio, dopo dieci giorni di polemiche e una serie di scambi tutt'altro che amichevoli tra Berlusconi e Zelensky. Il leader azzurro è rimasto isolato, ha costretto i suoi alleati a imbarazzate acrobazie dialettiche, dentro e fuori dai confini nazionali. Difficilmente cambierà idea sulla guerra e su Zelensky, ma lo scontro stava rischiando di salire di livello. Tra i colonnelli di Forza Italia ci si aspettava anche una sorta di moral suasion, da parte degli altri Paesi alleati. Secondo vertici di Fi, serviva per far capire a Zelensky che non è opportuno attaccare un leader di partito di un governo alleato, ma l'intervento pacificatore non sembra essere arrivato. Anzi, in tarda mattinata è Mykhailo Podolyak, primo consigliere politico di Zelensky, a rilanciare contro Berlusconi, rivolgendogli un consiglio velenosissimo: «Se non sei più attuale, è meglio non commentare, perché non riesci a capire neppure gli effetti che certe vicende possono avere sulla sicurezza dell'Italia». Una frase come questa, detta una settimana fa, avrebbe probabilmente provocato un terremoto dalle parti di Arcore. Podolyak non si ferma qui: «Se un Paese è aggredito, se una casa è aggredita, devi difenderli. Consigli di smettere di pensare che la Russia sia un giocatore globale». E ancora, parlando di Maria Zakharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo, accorsa in aiuto del leader di Forza Italia, aggiunge: «Zakharova deve finire sul banco degli imputati». Dichiarazioni che avrebbero potuto scatenare un altro incendio diplomatico. E invece da Forza Italia nessuno si azzarda a sollevare una voce. Solo il capogruppo dei deputati azzurri, Alessandro Cattaneo, interviene - ma alcune ore prima che parli Podolyak - per ricordare a Zelensky che «la sua uscita nega la realtà. Se ha avuto le armi anche dall'Italia, se Meloni è lì con l'autorevolezza di questo governo, in cui siamo determinanti, è perché sotto la guida di Berlusconi abbiamo votato tutti i provvedimenti a sostegno dell'Ucraina». E questo è l'ultimo intervento di rilievo della giornata. L'atteggiamento è cambiato, tanto che anche sul capitolo armi, su cui i forzisti (insieme alla Lega) avevano posto dei paletti rispetto all'invio a Kiev di caccia e missili a lunga gittata, ora declinano in modo più morbido la loro posizione, dichiarandosi «sempre convinti di rimanere nell'alveo delle decisioni che vengono prese dalla Nato. Così abbiamo fatto e così faremo. Sempre», sottolinea Cattaneo. Insomma, se la comunità internazionale a sostegno di Kiev dovesse scegliere di mandare aerei militari in Ucraina, compresi i caccia italiani, alla fine sarà difficile dire di no. Semmai, si può portare una posizione più prudente del governo italiano ai tavoli internazionali. Come per la "no fly zone" che chiedeva Zelensky e che è sempre stata negata. --© RIPRODUZIONE RISERVATA