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Inviato a VarsaviaSull'Air Force One che lo ha riportato a Washington dopo le 72 ore trascorse fra Kiev e Varsavia, Joe Biden avrà avuto il tempo di rileggere gli appunti del summit che ha avuto ieri pomeriggio con i presidenti dei nove Paesi del Gruppo di Bucarest, i membri Nato lungo la frontiera orientale che dopo l'annessione della Crimea decisero di dotarsi di una struttura di consultazione comune.Durante l'incontro, Gitanas Nauseda, presidente lituano, gli ha chiesto armi avanzate che, siccome i Paesi baltici non possono permettersi, vorrebbe che Washington dispiegasse per aiutarli a difendersi da incursioni russe. Himars, elicotteri d'attacco, sistema sofisticati anti-radar, è l'elenco che ha fatto. Biden non ha risposto, ma ha annotato tutto. Prima delle parole dell'economista che dal 2019 guida la Lituania, era stato il padrone di casa, Andrzej Duda, a suggerire al presidente statunitense di trasferire «equipaggiamenti» nelle basi militari polacche. E poi Klaus Iohannis, presidente romeno, ha dichiarato sotto lo sguardo di Biden e quello di Stoltenberg, segretario generale della Nato, che «abbiamo il dovere di stare fermi e saldi nella difesa della pace». Il documento congiunto che ha chiuso il summit evidenzia che la «Russia è la minaccia più significativa alla sicurezza» e denuncia «la brutale aggressione dell'Ucraina». C'è anche la firma della presidente ungherese Katalin Novak, che allinea Budapest - almeno in questo contesto - su preoccupazioni e posizioni degli alleati regionali. A Bruxelles nella partita sulla decima tornata di sanzioni alla Russia Viktor Orban è meno malleabile e il suo ministro degli Esteri, Peter Szjiarto, ieri poco prima che Novak stringesse la mano a Biden, aveva dichiarato che è tempo di «un cessate il fuoco e di parlare di dialogo» in una sorta di equidistanza fra Kiev e Mosca che fa a pugni con quanto i Paesi confinanti pensano e vogliono.La difesa dell'Ucraina è fuori questione. I cechi hanno rivendicato di aver inviato 89 carri armati di epoca sovietica e altro materiale e Duda ha sollevato la questione dei caccia. Tocca alla Nato decidere se darli o meno, ma la Polonia è pronta in caso a dispiegare i suoi Mig-29 per la difesa del Paese invaso. Washington è cauta, le valutazioni del Pentagono al momento non indicano negli F16 una necessità primaria e fonti dell'Amministrazione hanno riferito che comunque ufficialmente non è pervenuta alcuna richiesta dagli ucraini sul tavolo di Mark Milley, il capo degli Stati Maggiori Riuniti.I ragionamenti che nascono dalle valutazioni sul terreno di battaglia, sono orientati verso altri dispositivi, si fa sapere. Ma anche gli Abrams sei mesi fa, sembravano men che un'ipotesi e poi, benché con restrizioni e dilatatissimi tempi di consegna, sono entrati nella lista degli equipaggiamenti da inviare a Kiev. Ma se l'Ucraina è il fulcro, Biden ai B9 ha ribadito che in gioco c'è «la libertà delle democrazie in tutta Europa e nel mondo». Per questo il fronte orientale è «la trincea della difesa collettiva», «l'Articolo 5 è un impegno sacro che gli Stati Uniti hanno preso e difenderemo ogni lembo di territorio della Nato».Sono le rassicurazioni che i leader dei Paesi del fianco Est attendevano di sentirsi dire da Biden consapevoli che le parole di Stoltenberg, «Putin è pronto a nuove guerre» visto quando fatto «in Georgia nel 2018 e nel Donbass nel 2014», toccano principalmente la loro sicurezza. Nel rafforzamento della diga anti russa, il presidente americano ha voluto incontrare martedì la leader della Moldova, Maia Saudu, alla quale ha ribadito il totale sostegno degli Stati Uniti dinanzi alle minacce di Mosca di destabilizzazione. Saudu ha anche invitato il leader Usa a Chisinau e il suo ministro degli Esteri Nico Popescu ha detto che la Moldova è «preparata per affrontare un ampio spettro di pericoli».Prima di rientrare a Washington, Biden ha partecipato alla Messa per il Mercoledì delle Ceneri celebrata su un altare improvvisato in una stanza del Marriott Hotel di Varsavia celebrata da Wieslaw Dawidowski che poi ha raccontato che «abbiamo pregato per la pace e la conversione della Russia». La macchina della diplomazia, intanto, si sposta al Palazzo di Vetro. Oggi l'Assemblea generale si esprimerà su una risoluzione articolata su un processo di «pace giusta» e «il ritiro dei russi», di cui l'Italia è fra i 75 Paesi co-sponsor. A New York è intervenuto il ministro degli Esteri Antonio Tajani. Fonti della Casa Bianca hanno riferito che potrebbe esserci «una maggioranza di circa 130 Paesi». Fra questi, però, non ci sarebbero né il Brasile - «pensiamo si asterrà» - né l'India. --© RIPRODUZIONE RISERVATA