Meloni: «Riusciremo a rispettare i tempi» Tesoretto da 100 milioni per le opposizioni
il retroscenaAlessandro BarberaIlario LombardoSono le profezie che si autoavverano. «Chi evoca l'esercizio provvisorio cerca l'esercizio provvisorio. Per quanto mi riguarda andiamo avanti e mi sento di garantire che ci sarà la legge di bilancio nei tempi previsti». Giorgia Meloni lo sapeva fin dalla scorsa estate, quando Silvio Berlusconi e Matteo Salvini hanno deciso di mandare Mario Draghi a casa e costretto l'Italia al voto a fine settembre. Ora, per evitare l'esercizio provvisorio, è costretta a una corsa contro il tempo. Il rischio di non approvare la manovra entro il 31 dicembre è concreto, e per evitarlo la premier deve cedere a qualche forzatura e cercare l'aiuto dell'opposizione. Le polemiche di queste settimane con l'Europa non le permettono alcun errore. Benché resti piuttosto basso (ieri a 216 punti), nell'ultima settimana il differenziale fra titoli italiani e tedeschi è cresciuto del 17%. L'ultima volta che il governo italiano ha fallito la scadenza è stato nel 1988. E in queste ore è un paragone che è molto presente ai membri dell'esecutivo. A Palazzo Chigi c'era Giovanni Goria e l'Unione monetaria era ancora un'utopia per europeisti. Erano i tempi in cui l'Italia poteva permettersi di bruciare in nove mesi il più giovane premier della storia repubblicana. Che la situazione sia grave lo ammette persino il presidente leghista della Camera Lorenzo Fontana. «Sui tempi pesa un po' di mancanza di esperienza da parte di alcuni parlamentari». A questo punto, l'obiettivo è portare il testo in Aula mercoledì. Non più tardi. Per l'opposizione le difficoltà della maggioranza sono una manna dal cielo. «Ma non ci assumeremo noi la responsabilità dell'esercizio provvisorio», si schernisce il responsabile Pd dell'economia Antonio Misiani. «Si stanno facendo opposizione da soli». La realtà è meno nobile di così: secondo quel che risulta, per evitare l'ostruzionismo di Pd, Cinque Stelle e Terzo polo il governo farà alcune concessioni all'opposizione. Dei duecento milioni di euro rimasti per gli aggiustamenti parlamentari (cioè le famose mancette che ogni anno vengono elargite in chiusura della legge di Bilancio), cento milioni andranno alle tre opposizioni. Un modo per salvare la manovra e acconsentire alle richieste su settori come lo spettacolo, la sanità, o alle esigenze espresse dai Comuni. Secondo i calcoli del governo, il voto finale di Montecitorio dovrebbe avvenire nella notte fra il 23 e il 24 dicembre. Solo dopo, fra Natale e Capodanno, si riunirà il Senato, che sarà costretto a votare il testo a scatola chiusa, senza discussione. Anche e soprattutto per questo motivo, Meloni ha deciso di spostare di 24 ore la tradizionale conferenza stampa di fine anno, che da Palazzo Chigi inizialmente avevano previsto per la mattina del 28 ottobre. Si terrà il 29 alle 11.30, nella speranza che la legge di Bilancio non abbia deragliato dai binari dei tempi stabiliti. La fretta e il panico di queste ore sono giustificati da un ulteriore e non banale problema: il 30 dicembre scadono i sessanta giorni per la conversione del decreto rave. Se la Camera non lo discuterà, Meloni dovrebbe fare i conti con l'onta di non essere riuscita a portare fino in fondo il primo provvedimento rilevante - e contestatissimo - della sua esperienza da premier. --© RIPRODUZIONE RISERVATA