«Stazione segreta di polizia cinese in città»

C'è anche Venezia tra le oltre cento città nel mondo, undici in Italia, in cui la Cina avrebbe aperto una stazione di polizia con l'obiettivo di monitorare la popolazione cinese e, in alcuni casi, costringere i dissidenti al rimpatrio. A raccontarlo è l'ultimo rapporto dell'Ong "Safeguard Defenders" a difesa dei diritti civili che, alle 54 "stazioni" già identificate nello scorso settembre, ne ha aggiunte altre 48, tra le quali Venezia. Le stazioni di poliziaTra le altre città italiane coinvolte ci sono Roma, Milano, Bolzano, Firenze, Prato e una città siciliana non specificata. E se in un paio di case le stazioni sarebbero state aperte d'intesa con le forze dell'ordine, per le altre si tratterebbe di piccole centrali operative senza autorizzazioni. Sarebbe questo il caso di Venezia, anche se è probabile che la sede sia in terraferma, dove è più numerosa la presenza della comunità cinese. Tra i vertici delle forze do polizia locale nessuno è a conoscenza di questa stazione. Il rapporto dell'Ong spagnola - fondata nel 2016 dopo la chiusura in Cina da parte del governo della Ong China Action - è circostanziato. Stando alle fonti e ai media cinesi consultati dall'Ong, la stazione di polizia veneziana farebbe capo al distretto della polizia di Qingtian, della provincia di Zhejiang, nella regione Est della Cina. A differenza di altre stazioni di polizia cinese, l'istituzione di quella Venezia sarebbe più recente. E non è da escludere, vista la data di istituzione di poco precedente alla fase della pandemia, che l'operatività ne abbia fortemente risentito. sei aprile 2019: Il caso VeneziaStando al rapporto dell'Ong con sede a Madrid infatti il mandato per l'istituzione veneziana risale al 6 aprile del 2019. In quella data a Qingtian il commissario politico Liu Guangxian legge l'elenco dei nuovi centri di servizio di polizia all'estero e, insieme ad altri membri del comitato del partito, concede le licenze a sei nuovi centri di servizio di polizia tra cui Venezia, Phnom Penh e Bogotà. Tra i presenti c'è anche Jiang Xiongxin, presente nei panni di presidente onorario dell'Associazione Cinesi di Venezia, che avrebbe partecipato alla cerimonia - ricostruisce l'Ong - proprio a nome del Centro Servizi di Polizia di Venezia. A spiegare il funzionamento delle stazioni all'estero c'è Liu Jianguo, membro del Comitato del partito dell'Ufficio di pubblica sicurezza di Qingtian. «Abuso degli accordi bilaterali»L'attivazione dei centri sarebbe stata agevolata da un accordo del 2015 preso dal governo italiano con il ministero della Pubblica sicurezza cinese per pattugliamenti congiunti, che avrebbe contribuito alla nascita di stazioni "pilota" a Milano nel 2016, da parte della polizia di Wenzhou, e nel 2018, da parte della polizia di Qingtian. Tra le città coinvolte nel pattugliamento misto di forze di polizia italiane e cinesi c'era anche Venezia. Tra il maggio e il giugno del 2018 gli agenti Zhanghai Lin (in arrivo dal centro emigrazione dell'aeroporto di Guangzhou) e Chen Yin, 40 anni, partito proprio dallo Zhejiang, pattugliarono Venezia insieme ai carabinieri veneziani. Lo scorso ottobre, dopo l'avvio di indagini da parte delle autorità olandesi per le "stazioni" di Amsterdam e Rotterdam, la Cina aveva smentito la ricostruzione della Ong, definendo le "stazioni di polizia" all'estero come "centri di servizi" per i cittadini cinesi per aiutarli, tra l'altro, nel rinnovo dei documenti. --Francesco Furlan