la sanità in codice rosso più tutele per I medici

Sanità in codice rosso. L'aggressione al medico dell'Istituto Oncologico a Padova non è che la punta d'iceberg di un sommerso di lungo periodo: frutto dell'accumularsi di tagli, inadempienze, ritardi, burocrazie, tutti inaccettabili e mescolati con un venefico clima di opinione pubblica. Finendo per inquinare il rapporto tra chi cura e chi è curato, e capovolgendo l'immagine che si era creata nei primi tempi del Covid: ieri eroi, oggi cialtroni; acclamati, poi lapidati. Ma anche demolendo la figura del medico: era carismatico, ora la sua parola non conta nulla. Ha ragione il presidente padovano dell'Ordine, Domenico Crisarà, quando annota con sconforto, "siamo bravi soltanto se facciamo quel che vuole il paziente". Che si abbevera al verbo di Internet, facendone vangelo. L'ennesimo episodio, purtroppo non l'ultimo, non può essere liquidato con il rituale coro di attestati di solidarietà che durano l'effimero spazio di un giorno; né sono sufficienti, per quanto necessarie, le risposte che si traducono in norme, regolamenti, formazione, linee-guida, codici di comportamento. Occorre un intervento dall'alto, politica e istituzioni, per rivedere un modello sbilanciato sulla quantità, che finisce per penalizzare la qualità non solo delle prestazioni, ma anche del rapporto tra medico e malato. Nella sanità, specie quella ospedaliera, oggi tutto è appeso alla legge non scritta ma ferrea del quanto: quanti posti letto vanno tagliati, quanti ricoveri avvengono in un anno e quanti giorni dura in media un ricovero, quante visite si effettuano in un reparto, quanto costa una prestazione... Per poi esibire autoelogiativi bollettini di numeri, trascurando le persone; e inchiodando le visite a un'inaccettabile logica da catena di montaggio. È una logica che comprime in modo inaccettabile la qualità del rapporto tra medici, infermieri, pazienti e familiari: creando un venefico brodo di coltura in cui germina l'aggressività di cui sono piene le cronache. Ad esso si aggiunge un perfido clima di opinione pubblica che scambia il diritto alla salute con la pretesa di non ammalarsi o, se capita, di essere guariti, assegnando la priorità al proprio mal di testa rispetto a qualsiasi patologia anche grave. E reagendo in maniera scomposta quando questo non accade, con gesti di violenza che non sono soltanto quelli fisici: lo diventano altrettanto le intollerabili e selvagge gogne mediatiche che dilagano senza alcun freno. A completare il desolante quadro concorre un'organizzazione della sanità che depaupera i servizi del territorio per riversare il grosso del carico sulle strutture ospedaliere, specie il fronte del pronto soccorso. C'è infine un altro aspetto, trascurato ma tutt'altro che secondario, ben evidenziato da Biagio Epifani, primario del pronto soccorso di Mirano: a politica e istituzioni spetterebbe anche fare prevenzione a monte, non trasmettendo come valore primario e pressoché esclusivo la finanza e i soldi; e non ricorrendo come modello comportamentale a un linguaggio tra partiti e loro rappresentanti troppo spesso impregnato di violenza verbale e di delegittimazione del pensiero altrui. Perché in questa maniera si concorre ad alimentare un altro Covid di massa, non meno devastante: il virus dell'homo homini lupus. --© RIPRODUZIONE RISERVATA