Crac Veneto Banca l'ora dell'appello ma due reati su tre sono già prescritti
Laura Berlinghieri / veneziaImpermeabile, lui e l'abito, Vincenzo Consoli arriva nell'aula bunker di Mestre scortato dal suo avvocato Ermenegildo Costabile. Parlando con i giornalisti, confessa: «Ormai faccio il nonno a tempo pieno». Il suo volto non tradisce emozioni. Un altro uomo, rispetto al Gianni Zonin imprenditore che poi aveva cavalcato la finanza popolare, da Vicenza.Fino a Montebelluna, non ci sono nemmeno 80 chilometri di distanza. È lungo quest'asse che si è consumata una tra le pagine più fitte della storia recente del Veneto. Prima c'erano le banche popolari: istituti di credito che facevano dell'azionariato sociale la loro etichetta. Ci avrebbero "mangiato" in molti, utilizzando un registro tanto distante dalle sfere dell'alta economia, quanto vicino alla realtà. E ieri mattina, nell'aula bunker di Mestre, si è celebrato l'ennesimo rito di questa stagione dei processi per i crac delle Popolari venete. Unico imputato, Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato di Veneto Banca, condannato in primo grado a quattro anni per ostacolo alla vigilanza e falso in prospetto. Prescritto, invece, il reato di aggiotaggio.Ecco un altro tratto comune ai capitoli di questa storia, che ha visto i pochi arricchirsi enormemente e i tanti risparmiatori perdere pezzi, più o meno grandi, della loro stabilità economica. Il tratto comune è la prescrizione, che nell'enormità di un'aula bunker quasi vuota fa soffiare il vento dell'impotenza.Probabilmente sarà ancora più vero dopo la pronuncia della Corte d'appello: il presidente Carlo Citterio con, giudici a latere, Margherita Brunello e Gilberto Stigliano Messuti. «Purtroppo, tra la pronuncia della sentenza di primo grado e la prima udienza dell'appello, la prescrizione è intervenuta anche per il falso in prospetto, il reato che aveva consentito la condanna di Consoli a risarcire le parti civili» fa presente, in una pausa, il sostituto procuratore Massimo De Bortoli, ancora chiamato a rappresentare la Procura, dopo il processo di primo grado, questa volta affiancato dalla sostituta procuratrice Maristella Cerato. «È prevedibile, per questo, che la pena dovrà essere ridotta, venendo meno il reato di falso in prospetto».Ma Costabile, l'avvocato di Consoli, è comunque inconsolabile e ripete: «Sappiamo tutti che oggi non dovremmo essere qui». Ha presentato tre eccezioni di rito. L'incompetenza territoriale del tribunale di Treviso, dato che tra le vittime del crollo delle azioni risultano anche due magistrati, all'epoca in servizio nella stessa sede giudiziaria del capoluogo della Marca. La presunta nullità dei capi di imputazione della sentenza, per la loro indeterminatezza. E l'omesso riconoscimento del legittimo impedimento del difensore, per la mancata comparizione all'udienza preliminare del 24 ottobre 2020. Questioni alle quali la Corte risponderà nella prossima udienza, fissata per mercoledì prossimo.E poi ha avanzato la richiesta di rinnovazione dell'istruttoria, ascoltando i testi e un perito (Paolo Gualtieri) che già erano stati coinvolti in primo grado, sia testi nuovi. Anche questa, una proposta sulla quale i giudici si sono riservati di rispondere la settimana prossima, ma già si registra l'apertura della procura, che ha dato il suo benestare alla nuova raccolta delle voci di Paolo Gualtieri, consulente della difesa, e Stefano Bertolo. L'ultimo - responsabile della direzione centrale amministrativa e dirigente preposto alla redazione dei libri contabili di Veneto Banca, per questo indagato per associazione per delinquere finalizzata alla truffa aggravata - in primo grado si era avvalso della facoltà di non rispondere. «Facoltà della quale non potrebbe più avvalersi ora, dato che la sua posizione è stata archiviata» incalza Costabile.Ruoli che si intrecciano, dando la misura dell'ingranaggio enorme, e che poi si è inceppato. Per averne piena contezza, basti pensare che nelle stesse ore in cui si celebrava la prima udienza del processo d'appello per il crac di Veneto Banca, a Vicenza l'avvocato Alberto Berardi pronunciava la sua arringa a difesa di Samuele Sorato, imputato per il fallimento della Popolare di Vicenza.E si pensi, poi, che quello di ieri non è che un capitolo di una storia molto più complessa, che si dispiega anche lungo un altro filone di indagini. Quello per associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Rinviati a giudizio, ancora Vincenzo Consoli, ora insieme a Renato Merlo, ex responsabile della Direzione centrale Pianificazione e controllo, e Mosè Fagiani, condirettore generale. La prima udienza sarà a novembre 2023, «e credo che non approderà a nulla, perché tutti i reati si prescriveranno prima che si possa arrivare a una sentenza di primo grado» sospira il sostituto procuratore De Bortoli, «C'è molta amarezza. Se avessimo ottenuto le risorse che abbiamo sempre chiesto, ma che non ci sono mai state date, avremmo potuto accelerare i tempi».Altro film. Altra storia. Che si intreccia però alle vite degli 8 mila azionisti che credevano, e hanno perso, investendo in Veneto Banca. Che hanno visto l'istituto, di una fissità granitica, sgretolarsi sotto i colpi della crisi, ma soprattutto della propria inesauribile fame di ricchezza, inserita in un cortocircuito mortale di amicizie e di favori. Una banca che si dimostrava solida all'esterno, ma che in realtà nascondeva le gravissime perdite dovute alle tante concessioni di finanziamenti, anche senza una reale garanzia di affidabilità dall'altra parte. Una banca che teneva altissimo il valore delle azioni, in realtà sempre più deboli.Quello che è successo dopo, è uno spicchio di storia del Veneto degli ultimi anni. La crisi economica del 2008. La conversione, decisa dal governo Renzi, delle popolari in Spa. Il piano di fusione di Veneto Banca con BpVi. I controlli. Il tappeto sollevato, la polvere che invade la stanza. Il crac.Ieri è iniziato il secondo capitolo di un romanzo dalle molteplici parti. E, secondo molti, dal finale già scritto. --© RIPRODUZIONE RISERVATA