Il veneto deve tutelare il futuro della bellezza

A scuola di bellezza. Non può che partire da un a-bi-ci del bello, il percorso per mettere mano a un alfabeto del futuro, come impostato nei giorni scorsi a Padova nell'evento promosso dal Mattino: non a caso ospitato in un'aula esemplare quale il Salone, dove l'estetica è pensata per parlare non solo agli esperti ma al popolo, quindi alla comunità. Basti pensare allo splendido ciclo di affreschi, inserito nel sistema "urbs picta" targato Unesco: vero e proprio libro consultabile pure da chi all'epoca non sapeva leggere e scrivere. La scelta del luogo in cui cantierare il futuro è stata un'indicazione al tempo stesso di metodo e di sostanza: il passato è maestro, in un Veneto che nei secoli ha saputo costruire un ambiente esemplare per la convivenza tra natura e uomo. Dalle Dolomiti all'Adriatico, l'intera regione è un catalogo straordinario di eccellenze assolute e di tesori minori, accomunati dal criterio ispiratore del bello come materia prima: scelta che ha fruttato un'inestimabile eredità trasmessa fino a noi, come attesta la presenza in Veneto di ben 9 siti Unesco dichiarati patrimonio dell'umanità, sul totale italiano di 58.Peccato che questo prezioso lascito sia stato pesantemente intaccato ai giorni nostri da una serie di venefici interventi sul paesaggio: oggi deturpato da inquinamenti esiziali, mobilità caotica, cementificazione ad oltranza, devastante dissesto idrogeologico, calamità naturali dolose. Proprio per questo, insegnare futuro a partire dall'alfabeto significa anche e soprattutto promuovere una cultura di base capace di trasmettere il valore ma anche il vantaggio di una bellezza in grado di generare piacere di vivere e al tempo stesso ricadute economiche; rottamando i criteri di un presente centrato sulla logica del consumo sfrenato, per sostituirli con un utilizzo ragionato delle risorse. Nell'incontro di Padova, una delle parole d'ordine è stata "innovazione": applicata all'ambiente, significa ricucire l'esistente anziché sfornare aggiunte continue; mettersi al passo con i ritmi della natura anziché forzarli; coltivare orizzonti lunghi anziché ridursi al giorno per giorno.Tutte scelte d'altra parte praticate diffusamente in passato, quando la regola era non buttare via niente. In questo senso, proprio dal Veneto vengono in queste settimane due esemplari lezioni accademiche. Telmo Pievani, filosofo delle scienze biologiche a Padova, nel suo "La natura è più grande di noi" ci spiega le devastazioni terrificanti che stiamo infliggendo alla biodiversità, e ci ricorda che la natura ha tempi lunghissimi, mentre noi come specie umana abitiamo il pianeta solo da 200 millenni. E Paolo Legrenzi, psicologo cognitivo della veneziana Cà Foscari, nel suo "Quando il meno diventa più" ci esorta ad eliminare il superfluo e ci introduce al fondamentale principio di parsimonia: sottrarre si rivela un vantaggio non un sacrificio. Due autorevoli inviti a salvaguardare l'ambiente rivoluzionando i nostri stili di vita non come rinuncia ma come scelta. Che vuol dire, in fondo, costruire bellezza: partendo da noi stessi, da ciascuno di noi. Perché, come spiegava esemplarmente Ralph Waldo Emerson, anche se viaggiamo in tutto il mondo per trovare il bello, dobbiamo portarlo con noi oppure non lo troveremo. --© RIPRODUZIONE RISERVATA