«Sarà fondamentale avviare politiche nazionali per ridurre l'export»

l'intervista«Questa situazione spinge molti consumatori a chiedersi se il mercato del pellet stia vivendo gli effetti di una speculazione giustificata solo in apparenza dalle tensioni internazionali. In realtà, il mercato del pellet sta affrontando una "tempesta perfetta", alimentata da un fitto insieme di fattori concomitanti».Annaliza Paniz, direttora di Aiel (associazione italiana energie agroforestali), quali sono i fattori di cui parla?«Innanzitutto, è necessario ricordare che l'approvvigionamento italiano di pellet dipende dalle importazioni dall'estero che prevalgono nettamente rispetto alla produzione nazionale. Questa condizione fa sì che le incertezze e le tensioni dei mercati internazionali investano anche il nostro mercato. Uno dei driver principali delle difficoltà attuali è sicuramente la guerra in Ucraina, per ragioni sia dirette sia indirette».Può spiegare in modo preciso in che modo la guerra impatta sul pellet?«In seguito all'aggressione militare russa, l'Unione Europea ha varato una serie di sanzioni economiche che, tra gli altri prodotti, hanno previsto il bando delle importazioni di legname proveniente da Russia e Bielorussia. Il venire meno dei flussi russi e bielorussi, e l'ovvia riduzione dei flussi ucraini, ha determinato una contrazione diretta del mercato italiano del pellet non inferiore al 10% delle quantità commercializzate annualmente nel nostro Paese».Ma i paesi europei non possono aiutarsi a vicenda?«Le nazioni che si approvvigionavano maggiormente da Russia e Bielorussia hanno ridotto le proprie esportazioni per soddisfare i propri fabbisogni interni e i flussi d'export residui hanno subito repentini rialzi nei prezzi. Si stima che, a livello europeo, l'interruzione dell'approvvigionamento da Russia, Bielorussia e Ucraina abbia creato una carenza complessiva di circa 3 milioni di tonnellate di pellet. Alcuni Paesi (Bosnia Erzegovina, Ungheria, Serbia) hanno addirittura introdotto alcune misure protezionistiche volte a tutelare i propri mercati interni, accentuando quindi le difficoltà dei commerci internazionali».Dunque è solo un problema di importazioni?«Non solo. Oggi il segmento domestico non ha alcuna capacità di calmierare i prezzi a causa di una feroce concorrenza con il settore industriale di Paesi come Regno Unito, Belgio, Danimarca e Paesi Bassi: le grandi centrali continueranno ad aggiudicarsi il pellet, sottraendolo al mercato domestico, fino a quando potranno acquistarlo a prezzi elevati, comunque convenienti rispetto ad altre opzioni energetiche».Secondo lei qual è la soluzione?«Nel 2023 verranno inaugurati 11 nuovi impianti produttivi in Austria, mentre in Francia la capacità produttiva nazionale potrebbe addirittura raddoppiare entro il 2028. Anche in Italia si registra un nuovo e recente interesse per l'insediamento di nuovi impianti locali di produzione di pellet. L'avvio di politiche nazionali volte ad aumentare la produzione sarà quindi fondamentale per ridurre la dipendenza dalle importazioni estere». --e.fer.© RIPRODUZIONE RISERVATA