La rabbia di Collauto «Mazzocchi in azzurro Niederauer l'ha voluto cedere, che errore»

Francesco Gottardi / VENEZIAGli ultimi giocatori del Venezia ad aver vestito la maglia della Nazionale italiana sono Ezio Loik e Valentino Mazzola, nel 1942. Il prossimo avrebbe potuto essere Pasquale Mazzocchi.«Se solo il presidente Niederauer non si fosse impuntato per la sua cessione», il rammarico di Mattia Collauto. Oggi il "Pako" è protagonista con la Salernitana, fresco di primo gol in Serie A con tanto di convocazione di Mancini per le prossime sfide di Nations League. E gli arancioneroverdi beh, stendiamo un velo pietoso. «Ho ancora un contratto che mi lega a loro», spiega l'ex direttore sportivo «quindi mi limito a riportare la semplice realtà dei fatti: Mazzocchi era un calciatore imprescindibile per noi ed era impensabile venderlo».IL RETROSCENAI fatti hanno dimostrato il contrario: il terzino via a gennaio, senza un sostituto all'altezza e per giunta a rafforzare una diretta concorrente per non retrocedere. Che poi appunto si è salvata, a spese del Venezia. «Chissà come sarebbe andata a finire se l'avessimo tenuto. Di sicuro, il club in primis avrebbe potuto ottenere un maggior ritorno economico vendendolo a giugno». Niederauer, nella conferenza stampa che ha chiuso lo scorso disastroso campionato, ha dichiarato che tuttavia sarebbe stato Mazzocchi a pretendere il trasferimento. «Non è così», insiste Collauto. «Dopo le ottime prestazioni sul campo, il ragazzo aveva solo chiesto di venire gratificato contrattualmente. Mi sembra il minimo. Per un anno e mezzo è stato uno dei nostri pochi elementi con un mercato importante: lo cercavano il Torino, lo Spezia. E si è dimostrato il miglior laterale di difesa della Serie B. Invece mai una proposta di rinnovo, mai una parola per fargli capire quanto fosse una colonna di quella squadra. Il Pako si è conquistato il rispetto di tutti attraverso il lavoro. E da che mondo è mondo, il lavoro è meritocrazia. Lo penso io, lo pensano Paolo Poggi e pure Zanetti». Qualcun altro evidentemente no».RIMPIANTIGuardare indietro ormai sa di beffa. «Ma il percorso di Mazzocchi non mi sorprende», continua il dirigente. «Dopo una prima fase di adattamento, il classe '95 già a Venezia stava dimostrando di valere eccome la categoria. Poi alla Salernitana è migliorato ulteriormente ed è stato messo nelle condizioni di esplodere. La chiamata dell'Italia è la logica conseguenza del suo valore. L'unica cosa senza senso, è come il club lagunare abbia scelto di gestire un suo talento». Rabbia? «Preferisco dire orgoglio. Sono contento per lui, con cui ho instaurato un rapporto di affetto al di là dell'aspetto tecnico: continuiamo a sentirci varie volte a settimana. E pure il Venezia dev'essere fiero, per aver ammirato un giocatore del genere in maglia arancioneroverde». L'addio di Mazzocchi fu l'inizio della fine del sogno Serie A. E di una campagna acquisti da dimenticare che ha portato alla frattura insanabile fra Poggi, Collauto e il resto della dirigenza. Oggi la squadra di Javorcic arranca in Serie B, al termine di una nuova sessione di mercato quanto meno densa di incognite. Eppure, qualche innesto ben riuscito è arrivato: si pensi a Zampano, a Wisniewski. Anche loro, già in primavera, erano stati blindati da Paolo e Mattia. È il loro ultimo regalo al Venezia. Gli errori di mercato a gennaio portati avanti da Alex Menta non si contano a partire da quello di prendere un centravanti, che aveva sì un ottimo curriculum (Nsame) ma che proveniva da un bruttissimo infortunio, ma non solo. Un mercato che ha condotto la squadra alla B. --