Jesolo, cade dalla bici Comune condannato a pagare 49 mila euro
jesoloStava percorrendo via Aquileia in sella alla sua bicicletta a pedalata assistita, quando era caduta rovinosamente a terra - fratturandosi una spalla - dopo che con la ruota era finita nel chiusino di un tombino, sprofondato rispetto al piano stradale e "invisibile" perché ricoperto da aghi di pino. Spalla fratturata, un intervento chirurgico mesi di malattia e fisioterapia. Una caduta molto dolorosa per la signora 59enne jesolana e dalle conseguenze anche sulla sua vita lavorativa, dal momento che era stata limitata nel suo lavoro di cameriera ai piani, subendo un demansionamento.Nei giorni scorsi, il Tribunale civile ha accolto il ricorso presentato dall'avvocato Giorgio Caldera e, «accertata la responsabilità del Comune di Jesolo in relazione al sinistro», ha condannato l'amministrazione a risarcire alla donna 49 mila euro, più interessi, e a pagare consulenze e spese legali per 15 mila euro.L'incidente risale al 15 agosto 2015 e dopo sette anni è giunta una prima sentenza. Che certamente il Comune potrà appellare, se lo vorrà.Erano le 7.55 di mattina e la ciclista si stava dirigendo verso piazza Internazionale, quando - dopo avere oltrepassato l'intersezione con via Nausicaa - aveva perso l'equilibrio e il controllo della bici, rovinando a terra.Risultata vano - segnala il legale - «ogni richiesta di risarcimento inoltrata all'amministrazione comunale la ciclista», è stato citato in giudizio il Comune di Jesolo, «quale proprietario della strada ed obbligato alla sua manutenzione onde garantirne l'utilizzo in piena sicurezza da parte degli utenti». L'amministrazione comunale si è costituita con l'avvocato Marco Di Benedetto, contestando la domanda di risarcimento.Il giudice Roberto Simone ha ritenuto che non si sia trattato di una caduta fortuita: «Tant'è che in seguito si è provveduto alla riasfaltatura e a segnalare la striscia di delimitazione della corsia». «Essendo l'amministrazione tenuta alla manutenzione di strade comunali e marciapiedi», scrive ancora il giudice, «non è ammissibile far gravare sull'utente i danni pattuiti, dato che non è tenuto a conoscere tutte le "insidie" esistenti, stante - nel caso - l'impossibilità per la ciclista di accorgersi del dislivello della sede stradale». --r.d.r.