«Contro la destra siamo soli No al presidenzialismo è una scorciatoia populista»

Enrico Letta è in auto per le strade della Sardegna. Ha lasciato piazza del Carmine a Cagliari, «piena più di quando qui è venuta Giorgia Meloni». Sta andando a Sassari, convinto che le isole, il Sud, siano territori che il Partito democratico deve presidiare. Una vittoria del centrodestra che lo portasse ad avere il 70% dei seggi sarebbe o no un pericolo per la democrazia?«Certo che lo è. L'effetto combinato di questa legge elettorale e della riduzione del numero dei parlamentari fa sì che se la destra prendesse il 40 per cento, e il fronte opposto si dividesse in parti uguali, a Meloni, Salvini e Berlusconi andrebbero il 70% dei seggi. Per questo ho fatto un appello al voto utile: siamo gli unici che possono vincere nei collegi uninominali». Davvero crede che la destra stravolgerebbe la Costituzione a colpi di maggioranza?«Non ho dubbi e non c'è solo questo. Ci sono la Corte Costituzionale, il Consiglio superiore della magistratura, per i quali l'equilibrio parlamentare è fondamentale. L'allarme di una torsione maggioritaria è evidente. Chi non vuole la destra, ma vota 5 stelle e terzo polo, in realtà aiuta la destra a stravincere». Non bisognava pensarci prima, escogitare patti di desistenza?«Questa legge elettorale non li prevede. Renzi ha costruito una trappola che avvantaggia Meloni e Salvini e relega il terzo polo a un ruolo totalmente marginale». Sta dicendo che per quanto possa crescere, l'alleanza di Azione e Italia Viva non serve alla causa?«La causa del terzo polo e di Conte è quella di sconfiggere il Pd e di prenderne il posto. Hanno abbandonato da tempo l'idea di combattere la destra. Rivendico il fatto che gli unici a farlo siamo noi e non abbiamo alcuna intenzione di arrenderci. In quei 60 collegi in bilico basta che la nostra coalizione cresca del 4%, quindi basta che ognuno dei 4 partiti che la compone cresca dell'1%, per vincere. Una cosa che non è minimamente alla portata né del terzo polo né del Movimento». Renzi appare molto interessato al prossimo congresso dem e la accusa di stare distruggendo il Pd.«Ha tentato lui di distruggerlo, non c'è riuscito e continua sempre e solo a parlare di noi». Ma il Rosatellum e il taglio dei parlamentari sono il frutto delle scelte di questo Pd. Anche se non era lei a guidarlo quando sono state prese, le persone che ha candidato sono in gran parte le stesse. «Si tratta di due storie diverse. La legge elettorale è figlia di Renzi, se l'è costruita con l'idea che il suo 40% potesse diventare il 60 in Parlamento. Un trucco da apprendista stregone che poteva avere solo esiti nefasti. Altra cosa è l'impegno dei 5 stelle a cambiare il Rosatellum, una promessa che non hanno rispettato». Lei ha fatto abbastanza perché fosse cambiata? L'impressione è che di quella promessa non si sia ricordato nessuno, anche perché la strategia iniziale era il campo largo. «Onestamente ho fatto di tutto, ma ho trovato un Parlamento troppo frammentato. In un anno e mezzo le Camere sono riuscite solo ad approvare le cose che un motore esterno, il governo Draghi, faceva. In tutta la partita del Quirinale, non sono state capaci di fare un accordo solido su nulla». Al suo allarme Giorgia Meloni risponde offrendo una Bicamerale per le riforme. Crede sia un'offerta reale, il Pd accetterebbe di esserci?«No e le spiego perché. Il vero problema è l'obiettivo che hanno, inaccettabile. Io sono contro il presidenzialismo, lo trovo una brutta scorciatoia, il modo populista di dire ai cittadini: guardate, le cose non vanno bene, datemi tutti i poteri in mano e risolvo io. La verità è che sanno benissimo che non sarebbero in grado di governare un momento così difficile e si stanno costruendo l'alibi perfetto per non farlo». I pieni poteri che invocava Salvini ai tempi del Papeete?«È un discorso che si scontra con la storia di questo anno e mezzo. Un periodo in cui l'Italia è stata ben governata senza presidenzialismo, con un governo che ha fatto le cose dicendo dei sì e dei no. Se vogliamo, il sistema può funzionare. Una legislatura che si imbarca in uno scontro di civiltà su un cambio di Costituzione è l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno». Immagino che a maggior ragione dirà no alla proposta di Calderoli: le riforme ce le facciamo da soli, poi chiediamo il referendum confermativo anche se superiamo i due terzi dei voti. «Tutta questa fretta, questo ardore, nascondono il vero obiettivo della destra: mandare a casa Sergio Mattarella. Berlusconi se l'è lasciato sfuggire, l'intenzione è chiarissima, ma noi ci opporremo in ogni modo». Torniamo ai passi che hanno portato fin qui, fino a questo pericolo. Si è pentito di non aver fatto una telefonata a Conte dopo la caduta del governo Draghi? Di non aver provato a ricucire?«Ho fatto fin troppo. Sono stato accusato di aver tenuto quel filo fino all'ultimo secondo utile. E in tutti questi mesi, anche quando le strade si stavano separando, ho sperato che rinsavissero. Ma loro volevano far cadere Draghi e ci sono riusciti».Anche nel Pd c'è chi dice: si poteva andare avanti, riannodare quel filo. «Non è così e il motivo è semplice: i 5 stelle volevano andare da soli e la dimostrazione è la Sicilia, dove hanno rotto un'alleanza che ci avrebbe portati a vittoria certa senza una ragione. Avevano bisogno di ricostruirsi una verginità dopo aver governato con chiunque. Lo hanno fatto a spese del Paese». Per gli ultimi sondaggi sono il primo partito al Sud. Conte riesce a parlare a chi ha bisogno di protezione, a uno scontento diffuso. E voi?«Io le dico solo che la destra ha la flat tax, che avvantaggia chi ha di più e ha costi irrealistici, e noi una proposta credibile di riduzione delle tasse sul lavoro che darà a tutti una mensilità in più alla fine dell'anno. Contrastando anche il nero». Ma vale solo per i dipendenti, non per i precari. «Incentiveremo i contratti a tempo indeterminato e abbiamo un grande capitolo sul lavoro dei giovani, con la decontribuzione totale per chi li assume, l'eliminazione dei finti stage. E poi un grande piano di assunzioni nella Pubblica amministrazione, rivedendo il turn over, perché se vogliamo davvero spendere i fondi del Pnrr serve una Pa più efficiente. Soprattutto al Sud, che così non può farcela. Poi c'è il piano sanità pubblica che presenteremo la settimana prossima con Roberto Speranza. Serve un forte investimento nei medici di famiglia, abbiamo scoperto quanto siano preziosi con la pandemia». Crede che con un governo di destra il Pnrr sarebbe a rischio?«Sì perché la destra l'ha osteggiato in ogni modo, quando ha potuto si è astenuta e quel che ha detto sulla necessità di cambiarlo ha già messo in fibrillazione Bruxelles e i mercati, dando l'idea che il Paese non è pronto ». Chi ha ragione, Salvini che chiede lo scostamento di bilancio o Meloni che non lo fa?«Sulla questione gas e caro-energia c'è bisogno di una risposta europea e nazionale. La prima cosa da fare è disaccoppiare le rinnovabili dal gas, altrimenti quello russo porta su tutto. Poi c'è il tema del credito di imposta: abbiamo chiesto al governo di raddoppiarlo subito perché le bollette sono già arrivate, le imprese sono già in difficoltà. Terzo tema: ho visto quello che ha fatto il governo austriaco, un intervento a favore delle famiglie più in difficoltà simile alla bolletta luce sociale lanciata in questi giorni».Scostamento sì o no?«L'economia italiana rischia di saltare per aria e, aggiungo, anche quella europea. Per questo è assolutamente necessario un intervento forte e coordinato e non ho dubbi che lo scostamento di bilancio debba essere considerato come l'extrema ratio». Chi è la vera Giorgia Meloni? Quella di Vox o una leader che vuole superare il neofascismo e trasformare il suo partito in un moderno partito conservatore allargandone la base?«Se davvero volesse farlo toglierebbe la fiamma dal simbolo del partito, il fatto che non ne abbia intenzione dimostra come non sia su quella strada. Così come lo dimostra il fatto di non aver mai pensato di chiedere scusa alla donna ucraina violentata protagonista di uno stupro che lei stessa ha fatto girare sui social. Non si cambia in due settimane. Io, quando vado all'estero, parlo la stessa lingua, sono la stessa persona». --© RIPRODUZIONE RISERVATA