Macché premier, Meloni sceglie i "rieccoli"
Si prova una strana sensazione a scorrere i nomi dei candidati in lista di Giorgia Meloni & C. Intendiamoci, qui non ci si riferisce a simboliche fiammelle, amicizie con Orban, debolezze per i neofranchisti di Vox o video demagogici che disprezzano i diritti personali. Il fatto è che Meloni si sforza da mesi di smussare, sopire e chetare per dare di sé un'immagine di normalità ma, in assenza di una classe dirigente nuova, questa normalità coincide con una nomenklatura di governo che sa di muffa, di deja vu e di passati fallimenti.Riecco per esempio Giulio Tremonti, per nove anni ministro del Tesoro nei quattro gabinetti Berlusconi; naturalmente non manca Ignazio La Russa, ascoltatissimo consigliori di Giorgia, già ministro della Difesa (e suo sottosegretario era Guido Crosetto). Si è lanciato di nuovo nell'agone anche Marcello Pera, allora presidente del Senato in quota Forza Italia, poi lasciata prima per la Lega e ora per Fratelli d'Italia. E c'è Carlo Nordio, candidato di bandiera al Quirinale, che in quegli anni lontani non era né al governo né in politica ma, da magistrato, coerentemente e duramente contestava Mani Pulite e il suo pool.Non sono da meno gli alleati di Giorgia che hanno imbottito le liste di vecchie glorie, anche queste già sperimentate nei quattro governi del ventennio berlusconiano (tra il 1994 e il 2011), grandi capi compresi: Berlusconi e Bossi, Calderoli e Salvini, Rotondi, Brambilla e Lupi. Sulla scena ricompare anche, si parva licet..., Raffaele Fitto, ministro delle Regioni con il centrodestra.Una vecchia squadra, una vecchia ricetta. Quella che Mario Draghi ha smontato pezzo pezzo dal palco del Meeting di Rimini. E che invece il centrodestra ripropone oggi para para: taglio delle tasse e aumento delle pensioni, protezionismo, isolazionismo, più spesa pubblica. Cura che già non funzionò quando il centrodestra era al governo e che anzi pose le premesse del rischio default che portò alla caduta di Berlusconi e alla durissima cura Monti. Come ha ricostruito Carlo Cottarelli - il suo duello con Tremonti sarà una degli appuntamenti chiave della sfida elettorale - tra il 2001 e il 2006, presidente Berlusconi e ministro del Tesoro Tremonti, fu gettato al vento tutto il vantaggio acquisito con il calo dei tassi di interesse seguito all'ingresso dell'Italia nell'euro: ogni spazio disponibile fu infatti utilizzato per aumentare la spesa e ridurre le tasse, non per ridurre un debito monstre. Con il risultato che quando arrivò la grande crisi del 2008 non c'era alcuno spazio di manovra per contenerne gli effetti negativi. Anzi, con l'inflazione che non calava, la crescita contenuta, il debito alto e i conti con l'estero era inevitabile che l'Italia diventasse vittima prediletta della speculazione internazionale. E arrivò il governo d'emergenza di Mario Monti. Ignorando quella lezione, la destra ricomincia da allora. L'Europa è preoccupata, Mosca invece, pensando alla sua guerra sorride, puntando su un'Italia più debole e un fronte pro Kiev che si incrina. --© RIPRODUZIONE RISERVATA