«La soglia dei 50 mila non diventi un alibi Venezia resta una delle maggiori città»

«Quando non è il comprensibile effetto di un dolore civico che paventa il peggio, l'idea che Venezia non sia più una città può essere l'alibi dietro cui si nasconde chi pensa di specularvi e di spingerla a perdersi del tutto, a cadere del tutto nelle mani dei predatori». Parte dal tentativo di dare un perimetro alla città di Venezia l'analisi pubblicata online di Gianfranco Bettin, sociologo e consigliere comunale, sulla discesa dei residenti dei sestieri e della Giudecca sotto la soglia dei 50 mila residenti. Un perimetro che, a differenza di altri "centri storici" di città d'arte alle prese con fenomeni assimilabili a quelli veneziani, è in realtà e a tutti gli effetti quello di una "città intera". Motivo per cui qui la perdita di popolazione non è comparabile a quella di altri centri storici (Roma, Firenze, Berlino, Parigi). Qui, dice Bettin, «non si impoverisce una parte, ma una città intera». Ecco perché per risollevare il destino della città, a ripristinarne una «dimensione sociale e demografica adeguata», non basteranno «palliativi o misure demagogiche». La base di partenza restano, tuttavia, i numeri «eloquenti»: si è passati dai 175 mila abitanti del dopoguerra agli 80 mila di quarant'anni fa agli attuali meno di 50 mila tra "sestieri e Giudecca". Da una diversa lettura dei numeri, però, il bicchiere potrebbe anche non essere tutto vuoto. «Bisogna evitare tuttavia di creare ancor più rassegnazione», spiega Bettin, «dando ragione a chi ha fretta di dichiarare morta la città. I 50 mila citati sono, comunque, gli abitanti di una città ancora tale. Se ad essi aggiungiamo i circa 8 mila tra Murano, Burano e isole minori, e i circa 19 mila del Lido e Malamocco-Pellestrina, siamo a un po' meno di 80 mila abitanti. L'intero comune di Treviso ne fa circa altrettanti e l'intero comune di Belluno ne fa meno della metà, e nessuno si sogna di dire che non sono (più) città. Anche così com'è, la Venezia insulare, che giustamente sente il dolore dello spopolamento, è una delle maggiori città del Veneto e del Nordest». Insomma, dice lo scrittore e attento osservatore delle dinamiche cittadine, non dobbiamo «dare per morta la città» o, peggio ancora, spingerla sempre più verso un destino da parco a tema. Ma così non è, e per Bettin lo dimostrano gli investimenti speciali destinati alla salvaguardia, ai fondi per le politiche abitative. Insomma, l'unicità di Venezia. Una città che dimostra ogni giorno di essere ancora viva. «A Venezia vivono ancora decine di migliaia di persone e famiglie e nuclei comunque composti», conclude Bettin, «è la loro resistenza, la loro insistenza a restare, a rendere ancora possibile parlare di una vera città, per quanto segnata dalla caduta demografica e dalle difficoltà. Questa resistenza e quella di gruppi, comitati, associazioni, categorie. La "città che resiste", malgrado i tempi difficili, resiste davvero, con idee e percorsi aperti. Per questo non va accettata la "fine" di cui molto si parla». --eugenio pendolini© RIPRODUZIONE RISERVATA