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Albino Salmaso / VENEZIACosa accomuna Luca Zaia e Luigi Brugnaro? Nulla come storia politica, se non la gara alla popolarità di due leader alla ricerca della ribalta nazionale.Il Doge Serenissimo del Veneto si destreggia tra le poltrone di presidente e ministro da quando aveva 30 anni e non ha rivali nella Lega, se non Matteo Salvini. Il Doge di Venezia e patron della Reyer, dopo essere entrato nel Gotha dei nababbi con Umana, ha fondato Coraggio Italia arruolando un gruppo di transfughi da Forza Italia e qualche giorno fa ha stretto il patto con l'Udc di De Poli, ma non può abbandonare Ca' Farsetti due anni dopo la riconferma. Venezia è unica al mondo, guidarla è un privilegio. Cacciari docet. E così con un "ciao Luca" e "ciao Gigi" e una stretta di mano continueranno a dividere le passerelle della mostra del Cinema al Lido e alla Biennale Arte. Roma può attendere e il loro destino sembra legato a una data: 2026. Il presidente del Veneto e il sindaco di Venezia potrebbero restare in carica quasi un anno in più rispetto alla scadenza naturale per recuperare i 4-5 mesi persi nel 2020 a causa del Covid. Le amministrative sono slittate da maggio a settembre per la pandemia e i sindaci non hanno gradito il taglio della legislatura, così raccontano un paio di senatori che hanno letto i dossier dell'Anci elaborati dallo staff del presidente Antonio Decaro (Pd). Cosa vuol dire? Che il dipartimento legislativo del ministero degli Interni sta valutando l'ipotesi di prolungare il mandato fino a maggio 2026 per quasi mille sindaci. La bozza del provvedimento è già finita sul tavolo del ministro Luciana Lamorgese, ma la crisi del governo Draghi ha costretto Decaro a raffreddare gli entusiasmi. Se ne riparla tra qualche mese, anche se il Viminale l'ha prenotato Matteo Salvini: la trattativa andrà in porto? Se la "proroga" passa per i sindaci verrà estesa anche ai presidenti delle Regioni e delle Province in carica dal 2020. A spingere per una rapida soluzione è Vincenzo De Luca, rieletto con il 66% in Campania e grande avversario di Zaia. Non solo nelle spettacolari parodie di Crozza in tv: lo scontro vero è sull'autonomia del «ricco Nord che vuole scappare con le tasse lasciando sul lastrico il Sud». Giorgia Meloni ha dato il via libera all'Italia a due velocità, in cambio vuole carta bianca sul presidenzialismo, antica idea di Gianfranco Fini e la Lega sembra pronta al grande baratto. De Luca sta già pensando al terzo mandato con una modifica della legge elettorale, mentre la proroga 2025-26 è materia da costituzionalisti, con Sabino Cassese pronto a dispensare consigli per scongiurare una montagna di ricorsi alla Consulta dei sindaci "defraudati" di 5 mesi nei loro incarichi. Se la "lobby Anci" vincerà il braccio di ferro, saranno ripagati con una proroga di 9 mesi. Un vero affare. Certo, nel giro di 4 anni tutto può cambiare, ma a palazzo Balbi c'è la consapevolezza che Luca Zaia sia pronto a rinunciare anche alla poltrona di ministro pur di inaugurare le Olimpiadi di Milano-Cortina. Sono in calendario dal 6 al 22 febbraio 2026 e nelle conferenze stampa ha sempre concluso con profondo rammarico: «Io non ci sarò a tagliare il nastro, tolgo il disturbo a giugno 2025». Vuoi vedere che la fortuna è pronta a dargli una mano ancora una volta? E Luigi Brugnaro? Ha lanciato Coraggio Italia con il sogno di emulare Berlusconi, ma è in ottimi rapporti anche con Matteo Renzi. La sua filosofia è quella del "fare", un must per gli imprenditori. I risultati, in termini di fatturato per le sue aziende, gli danno ragione. Anche se il fucsia della sua lista fatica a decollare e per il debutto alle politiche di settembre ha chiesto aiuto agli eredi della vecchia Dc De Poli e Cesa. Il sindaco di Venezia, più che ai ministeri romani, si prepara a dare la scalata alla Regione nel 2026. Zaia che saluta dopo le olimpiadi di Cortina e Brugnaro pronto a ipotecare Palazzo Balbi, con il via libera di Lega e Fratelli d'Italia? Le risorse non mancano, va solo costruita la squadra. Queste analisi sullo scenario veneto, che alimentano il passaparola al buffet di palazzo Giustiniani, sono l'altra faccia della medaglia per spiegare il caso Zaia e il suo gran rifiuto per Roma: Salvini lo vuole candidare per bloccare la rincorsa della Meloni, ma il Doge di Godega di Sant'Urbano non intende emulare Galan, che scendeva in campo per restare al Senato 40 giorni e poi tornarsene a Palazzo Balbi. Zaia da 12 anni vince l'oscar del presidente di Regione più stimato d'Italia e con le dirette web sulla pandemia ha scalato la classifica dell'indice di fiducia dei leader. Nei sondaggi, si colloca alle spalle di Mario Draghi e un paio d'anni fa tallonava Giuseppe Conte. Ecco perché da un mese, nel Carroccio trevigiano sta girando questa sinfonia: adesso tocca a lui, è il candidato naturale alla poltrona di Palazzo Chigi, appena l'ex governatore della Bce lascerà l'incarico a novembre. L'ha detto anche Toni De Poli, segretario dell'Udc, che nel 2010 lo sfidò in Regione: «Zaia a palazzo Chigi? Magari». Cosa non si fa per non finire nelle mani di Giorgia Meloni. A fianco del Doge veneto c'è (quasi) tutta la squadra di assessori e consiglieri eletti nel 2020, con il record "bulgaro" del 76% e l'appoggio convinto di Toni Da Re, l'eurodeputato che difende la Liga-Lega Veneta dai pretoriani di Salvini. Nell'ordine: il vicesegretario nazionale Lorenzo Fontana, con base a Verona, e il trio Bitonci-Ostellari-Stefani, i tre gemelli dell'Alta padovana. Per difendere il "fortino" della Lega, Salvini insiste per schierare il Doge Serenissimo che però non cambia idea. «Non mi candido». E a Lucia Annunziata ha detto: «Io a Roma? No. Continueremo con le interviste con Zoom». --© RIPRODUZIONE RISERVATA