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il casoFederico CapursoPoche ore, non serve molto di più. Le indagini delle forze dell'ordine si sono appena aperte, la città di Civitanova Marche ha iniziato a stringersi alla famiglia di Alika Ogorchukwu, tentando di dare una spiegazione a un dramma che si è consumato nell'indifferenza di quella stessa comunità, e la politica è già lì, ad accapigliarsi e a stritolare ogni dettaglio nei motori accesi della campagna elettorale. Da una parte l'allarme sollevato dal centrosinistra per il dilagante razzismo, la xenofobia, il machismo dell'omicida, dall'altra parte il centrodestra che chiede maggiore sicurezza nelle città e più controlli sull'immigrazione. E così gli slogan, costruiti sulle impressioni a caldo di un omicidio, vengono scagliati contro l'avversario politico in un primo assaggio della campagna elettorale che ci aspetta. La corsa al primato della dichiarazione coinvolge alleati e avversari, prime file e seconde file dei partiti. Nel centrodestra si gioca in un fazzoletto di argomenti. Se Giorgia Meloni si augura «che l'assassino la paghi cara per questo orrendo omicidio» ed esprime «una preghiera per la vittima», Matteo Salvini rinnova più volte nella giornata la sua «preghiera per Alika» e chiede «per l'assassino pena certa, spero sia la massima possibile». Su questo sono d'accordo, o forse si pestano i piedi. Ma il leader della Lega cerca il sorpasso: parla di «città allo sbando, violenze di giorno e di notte, non se ne può più - tuona -, la sicurezza non ha colore e deve tornare a essere un diritto». Nel mirino c'è il ministro dell'Interno Luciana Lamorgese, ma la città «allo sbando», Civitanova Marche, è amministrata dalla coalizione di centrodestra al gran completo. Deve essersene reso conto il coordinatore di Forza Italia, Antonio Tajani, che si mostra più prudente del suo alleato. Tanto da arrivare quasi a smentirlo: «Evento estraneo alla natura di Civitanova Marche, da sempre una città aperta, pacifica ed accogliente». Il comune, suggerisce, «valuti di costituirsi parte civile nel processo contro il mostro, un 32enne italiano». Il mostro. Parole che pesano come macigni, usate con disinvoltura, senza timore. I due leader del campo progressista, Enrico Letta e Giuseppe Conte, muovono passi più accorti. La morte di Alika lascia «sgomento» Letta, «attonito» Conte. Un tempo uniti, ora avversari, chiedono entrambi di riflettere sull'accaduto. «L'ultimo oltraggio ad Alika - sostiene il segretario Dem - sarebbe quello di passare oltre e dimenticare. Spero che questo sia un episodio che ci faccia tutti cambiare». E Conte, come Letta, non offre giudizi. Piuttosto, pone domande: «Ma tutti i presenti che hanno ripreso con i loro smartphone la colluttazione senza provare a intervenire cosa faranno? Noi cosa avremmo fatto al loro posto? È questa la civiltà che vogliamo? ». Per una volta, Matteo Renzi sembra sulla sua stessa linea: «Anziché riflettere tutti insieme su cosa stiamo diventando - scrive su Facebook -, la politica litiga e strumentalizza. Mi fa orrore questo clima da campagna elettorale». Ma a riaccendere lo scontro basta poco. Può essere il giornalista Riccardo Formigli, che aspetta sarcasticamente «l'indignazione» di Salvini e Meloni, con i due che replicano piccati. O Riccardo Augusto Marchetti, commissario della Lega nelle Marche, che fa «inorridire» gli avversari del Pd. «È vergognoso - scrive Marchetti - che nel pieno centro di una città turistica e molto frequentata si assista a episodi del genere. Salvini è stato l'unico ministro dell'Interno a garantire la sicurezza in questo paese azzerando gli sbarchi e investendo ingenti risorse per aumentare l'organico delle forze dell'ordine». Dal Pd si chiedono «cosa c'entrano gli sbarchi? Forse si sta cercando di colpevolizzare la vittima? ». Sono infuriati, anche perché Marchetti li accusa anche di «combattere un nemico inesistente come il fascismo». Ma il fascismo, il razzismo, il patriarcato: per il centrosinistra c'è tutto questo nell'omicidio di Alika. Lo sostengono i Verdi, Sinistra italiana, Italia viva, i dimaiani. Anche la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno parla «dell'ennesima vicenda di razzismo, purtroppo alimentato da anni di propaganda xenofoba». Il sindaco di Civitanova, Fabrizio Ciarapica, protesta: «Questa non è una città razzista». Ma questa sarà la nostra campagna elettorale. --© RIPRODUZIONE RISERVATA