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l'analisiPrimi di gennaio di tre anni fa. Una sparatoria tra cittadini di origini albanesi si conclude con un 25enne in fin di vita, salvo per miracolo, e l'arresto dei suoi attentatori, tra l'altro parenti. Sembra un episodio di microcriminalità come un altro, sotto invece c'è ben altro. Si spara per regolare i conti nell'ambiente misterioso e impenetrabile dello spaccio tra bande straniere che hanno ormai il monopolio della droga a Jesolo. La movida fa da richiamo alla droga, al controllo delle piazze, all'esplosione delle baby gang e delle risse tra minorenni. Solo pochi giorni fa, nella centralissima via Bafile, nel negozio di articoli estivi e vestiti, il titolare 44enne originario del Bangladesh è stato colpito da un pugno da cinque giovani. Coltello in mano, pronti ad aggredire o a difendersi dalle aggressioni di altre bande. Un fenomeno che riguarda Jesolo ma non solo. Basti pensare alla mega rissa scoppiata a inizio giugno a Peschiera del Garda, con aggressioni e devastazione. Episodi diversi, con un filo rosso che però ripropone dinamiche simili. Già perché se è vero che la movida jesolana che richiama migliaia e migliaia di giovani ogni estate fa gola al mondo della droga e della microcriminalità, alcuni aspetti sono ricorrenti. Gli autori sono giovanissimi, italiani o spesso immigrati di seconda generazione. Non sono integrati nel tessuto sociale, a scuola o nel mondo del lavoro. E cercano di evadere, come del resto avviene nelle banlieu parigine. La conferma arriva da Franco Prina, docente del master in criminologia critica dell'università di Padova. «L'Italia ha un problema di politiche per l'immigrazione», spiega il professore, «e di integrazione delle seconde generazioni. Al tempo stesso l' Italia si trova relativamente da poco tempo ad affrontare tutto ciò. Siamo di fronte a contesti in cui si sommano alle normali difficoltà che oggi hanno adolescenti e giovani a trovare strade ed essere sostenuti da adulti solidi, quelle difficoltà di contesti di immigrazione con questioni come l'i identità e la mancanza di prospettive rispetto al lavoro onesto. Così i mercati delle droghe costituiscono un ambito in cui reperire risorse, che poi consentono di procurarsi anche beni simbolici. Diventa quasi l'unica strada percorribile. Senza dimenticare che ci sono gli adulti che poi li utilizzano, dopo averli reclutati». Ecco perché secondo il professor Prina la sfida dei prossimi anni è «la prevenzione»: «Cioè dare opportunità e sostenere la scuola e le famiglie fragili. In alcuni casi la giustizia minorile in Italia riesce a offrire opportunità, nella misura in cui non propone solo il carcere. Finire in carcere è paradossalmente un'occasione per la criminalità. Senza risolvere questi problemi, in futuro episodi di questo tipo sono destinati ad aumentare». --eugenio pendolini© RIPRODUZIONE RISERVATA