Vlahovic: «Se non segno casca davvero il mondo»

l'intervistaGiulia ZoncaINVIATA A DALLASNon lasciate un telefono davanti a Dusan Vlahovic, lo farà sparire. È una delle prime cose che ha imparato alla Juve, replicare agli scherzi «Così non subisci, fai». Vale per lo smartphone che Cuadrado gli ha sequestrato per un giorno intero, favore che lui ha subito restituito, raddoppiando le ore del sequestro, come per qualsiasi altra sfida si presenti. Pure quelle con Allegri, per tirare in porta direttamente dal calcio d'angolo: «Facile, tanto vinco sempre io» o quella con uno dei pochi che segna più di lui: Robert Lewandowski, ora con la maglia del Barcellona. Nella tournée americana della Juve i due si incrociano nella calura di Dallas, l'inizio di un lungo conteggio per stabilire chi realizza più gol. Chi sarà il migliore della stagione.Lewandowski, Ibrahimovic, da quando è bambino lei è accostato a chiunque abbia un rapporto privilegiato con il gol.«Lewa sta da 15 anni in cima alle statistiche, al centro del palco, sempre: io ho appena iniziato e ne ho di reti da centrare per certi paragoni».Lei e Haaland, appena arrivato al Manchester City, rappresentate la nuova generazione di attaccanti?«Sì, perché il calcio cambia di continuo e ha bisogno di nuovi interpreti. No perché abbiamo ancora tutto da dimostrare».Lei è costato 75 milioni, non ha già dimostrato qualche cosa?«La storia è tutta da fare, per questo ho scelto la Juve: è una società gloriosa. Da ragazzino, 11 o 12 anni in Serbia si seguiva solo la Seria A nell'età dell'oro ed era quella in cui la Juventus vinceva tutto: Thuram, Ibra, Cannavaro, Del Piero, un tesoro e il genere di esempio che ti porta a combattere sempre per superare il limite. Io gioco solo per vincere».Il primo gol che l'ha fatta sognare?«Quando mio nonno mi ha portato a vedere il Partizan per la prima volta, avevo 6 anni, una rete la prima rete mi ha folgorato ma non per come era per la sensazione che mi ha dato vederla dal vivo».Allegri le ha chiesto 30 gol.«Volentieri. Vediamo se si riesce, conta sia una stagione di successo però se arrivano vorrei che fosse la prima volta dopo tanto tempo che chi diventa miglior marcatore si prende anche lo scudetto». Ora c'è Di Maria a renderle la vita più facile.«Infatti appena arrivato mi sono detto "contiamo anche gli assist", ma più che altro... Di Maria, Pogba, parliamo di gente che vedevo in tv e ora gioco con loro».Questo perché ha bruciato le tappe. Come si vive a 22 anni da ricchi, famosi e ammirati?«Sai che tanta gente vuole essere tua amica solo per il nome, sai che puoi perderti, ad altri è successo, ma i miei genitori mi hanno insegnato l'educazione che ti tiene per terra».Alla Fiorentina l'hanno accompagnata, ora vive senza di loro.«Una volta al mese arrivano, loro o mia sorella. Non ci sono però so di poterli chiamare sempre se qualcosa non va».Capita?«No. Non sono il tipo da alzare il telefono e dire mi manchi. Per fortuna loro sanno comunque quando è il momento di presentarsi».Dal 2018 a Firenze, dall'anno scorso a Torino. Che cosa ha capito dell'Italia?«Che è un Paese stupendo, io ne sono innamorato. Belgrado è il mio posto del cuore ma in Italia ho trovato la bellezza assoluta. Sono fortunato e Torino ti dà l'aria di avere tutto a portata di mano. Così mi concentro solo sui miei obiettivi».Che sono?«Segnare ogni anno più di quello precedente e vincere. L'anno scorso la Juve non lo ha fatto, abbiamo perso una finale, quindi adesso bisogna recuperare e prendersi tutto quello che c'è. Per questo io penso al calcio 24 al giorno, sette giorni alla settimana».Non è troppo?«Una carriera dura 25 anni, 30, per sfruttarla al massimo ti devi dedicare. Per vivere c'è tempo dopo. E poi sento tanti giocatori che smettono e due mesi dopo non sanno che cosa fare. No, lo sport di alto livello oggi richiede una attenzione totale, la cura di quello che mangi, delle ore di riposo, un allenamento personale dopo aver fatto quello con la squadra».Bonucci dice che lei è ossessionato «segnare è la sua forza non segnare lo devasta, deve trovare un equilibrio».«Ha ragione, se non segno casca il mondo. È così e dovrei imparare a gestire meglio, però adesso è proprio e solo così».Voto dopo sei mesi di Juventus?«Posso migliorare in tutto, ho avuto bisogno un po' di tempo per abituarmi. Non sono soddisfatto però ora sono pronto per vincere».Le piace il soprannome che le ha dato Pogba, Dudu?«Mi piace che Pogba giochi con me».In Serbia il campione è quasi una figura di stato, si sente come Djokovic?«Almeno. Lui è un esempio, un mito, punto ad avere la sua forza mentale».Vi conoscete?«Non ci siamo mai visti ma ci siamo messaggiati spesso. Sarebbe bello venisse a trovarci alla Juve». --© RIPRODUZIONE RISERVATA