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IL VERTICEFilippo TosattoIl progetto di autonomia differenziata illustrato dal ministro per gli Affari regionali Mariastella Gelmini raccoglie consensi bipartisan ma le tensioni riaccese dallo strappo nel M5S sconsigliano scorciatoie e inducono i governatori a sollecitare un impegno diretto di Mario Draghi affinché la sospirata legge quadro sia approvata dal consiglio dei ministri entro luglio, prologo ad una discussione parlamentare - magari accompagnata dal voto di fiducia - che si profila fin d'ora accesa. Sono gli echi dell'incontro romano che nel primo pomeriggio di ieri ha riunito Luca Zaia, Attilio Fontana (Lombardia), Stefano Bonaccini (Emilia Romagna), Alberto Cirio (Piemonte), Eugenio Giani (Toscana) e Giovanni Toti (Liguria), rappresentanti delle regioni diversi per casacca politica ma concordi nel definire la riforma federalista un fattore di coesione e progresso. Al riguardo, una nota ministeriale si premura di sottolineare come i protagonisti del confronto abbiano più volte richiamato il principio solidaristico: «Nessuna Regione vuole dividere l'Italia, al contrario, la richiesta di maggiore autonomia nel solco tracciato dalla Costituzione rappresenta un'opportunità per l'intero Paese, favorendo l'accelerazione nella definizione sia dei fabbisogni standard che dei Livelli essenziali delle prestazioni».L'atteso via libera, tuttavia, è stato rinviato. Perché? «Serve ancora qualche aggiustamento, ma il clima è sereno e soprattutto costruttivo, direi che siamo alle ultime limature, è giusto ascoltare il parere di tutti, inclusi coloro che non condividono le nostre istanze. Macché secessione dei ricchi, questa è l'occasione di andare avanti con un progetto di modernità ed efficientamento del Paese», la replica di Zaia. «Ci sono tutte le condizioni per un disegno di legge in tempi rapidi», il commento di Bonaccini «l'autonomia ci permetterebbe di dare risposte efficaci e veloci a cittadini, famiglie e imprese e aiuterebbe molto anche il compimento delle opere strategiche previste dal Pnrr».Nel concreto, precisa il ministro, «sono state avanzate proposte di modifiche alla bozza legislativa, che vanno nella direzione di rafforzarne gli aspetti relativi al monitoraggio e alla valutazione dei risultati ottenuti, per una maggiore responsabilizzazione delle amministrazioni che potranno avere più materie e compiti devoluti».Di che stiamo parlando? Di servizi essenziali quali sanità, istruzione, assistenza sociale e trasporto pubblico locale, laddove i criteri di devolution spaziano dalla spesa storica ai fatidici Lep, la cui definizione - affidata al dicastero dell'Economia e delle finanze - appare in clamoroso ritardo, tanto da indurre l'Emilia a invocare "un limite temporale" all'obiettivo.Alla riunione, in veste di presidente della conferenza delle Regioni, ha fatto capolino anche il friulano Massimiliano Fedriga, fermo nel ribadire il «vasto e crescente» consenso che il disegno federalista riscuote tra i governatori, eccezion fatta per il campano Vincenzo De Luca, che (per la gioia di Crozza) già paventa «l'ennesima rapina» ai danni del Mezzogiorno. Nel dettaglio, dopo una breve relazione del ministro Gelmini, il primo a prendere la parola è stato Zaia, che ha auspicato l'intervento diretto del premier a garanzia di un iter condotto a termine entro la fine della legislatura. Prematuro, al riguardo, ipotizzare competenze e risorse: la citata bozza, composta di soli cinque articoli e formalmente secretata, è poco più di una cornice entro la quale collocare le future intese legislative tra lo Stato e i singoli partner, con avvio, contenuti e modalità distinte, in coerenza alle esigenze e ai traguardi dei territori. Una prospettiva che fa rizzare i capelli ai manifestanti del comitato No Ad: intravvedono nella spinta autonomista "l'inizio della fine dello Stato unitario", hanno accolto i convenuti con cori ostili e fischi. Pace e bene a tutti. --© RIPRODUZIONE RISERVATA