Omolade muore per un malore Per lui il Treviso si fece "nero"
Massimo Guerretta / TREVISOUn bagliore, un lampo che resterà sempre. Ma una vita finita troppo presto. Di Akeeem Oluwaehegun Omolade restano tante foto, con i compagni del Treviso con il volto dipinto di nero. E, in un triste lunedì, il suo corpo trovato senza vita in una Peugeot, nella Palermo in cui viveva da tempo, da quando il grande calcio per lui era diventato una chimera. Aveva 39 anni. È ancora mistero sulle cause della sua morte: sarà l'autopsia a stabilirle. Non è ancora chiaro cosa l'abbia stroncato, ma sicuramente non aveva lesioni esterne: esclusa quindi la morte violenta. Negli ultimi tempi accusava un dolore a una gamba, ma tre controlli in ospedale sarebbero stati inutili. Ieri mattina il dolore era aumentato e non riusciva a camminare: si era fatto venire a prendere da un amico. Ma appena salito in auto. L'amico ha chiamato immediatamente i soccorsi ma non c'è stato niente da fare. C'è chi ipotizza sia un caso di malasanità. Lascia una bimba di appena 6 anni, che lo adorava, un lavoro di traduttore in tribunale, e la passione per il calcio. Era arrivato a Treviso vent'anni prima, aveva appena compiuto 17 anni, prelevato in Nigeria dagli scout biancocelesti. Tanti non ce la fanno, lui aveva i numeri: seconda punta guizzante, buon dribbling ma tiro rivedibile, tanta fame di calcio. Viveva in convitto e mangiava con i compagni alla mensa, un "baby" con pochi fronzoli. Era solo un ragazzino, nella primavera del 2001, quando provava a emergere nel grande calcio. Fino a fine maggio, quando la sua vita cambia: il Treviso lo convoca in prima squadra, entra dalla panchina, a Terni. Gli Ultras escono dallo stadio: ce l'hanno con il colore della sua pelle. Un episodio che colpisce i compagni di squadra, che al Tenni contro il Genoa, vogliono dare un segno: Murgita, Minotti, Bortoluzzi lanciano l'idea, i compagni scendono in campo con il volto dipinto di nero. Tutti: i titolari, i giocatori della panchina e l'allenatore Sandreani. In quella foto si riconosceranno sempre Rocchi e Bianco, Pizzi e Gazzi, Smanio e Filippi, Bellucci e Fortin. Omolade entra nella ripresa, e segna. Non basta, il Treviso retrocede lo stesso. Tantissima acqua è passata sotto i ponti, ma pare che sul fronte razzismo poco o nulla sia cambiato. Quel gesto del Treviso è entrato nella storia, è valso prime pagine e premi, come l'Uefa Fair Play. Per Omolade però la carriera non è mai decollata: qualche spezzone in cinque match in Serie A poi tanti campionati minori. Allo scoccare dei trent'anni, aveva abbandonato il professionimo, continuando a giocare tra i dilettanti siciliani del Mazara e del Ribera e, dopo pure un arresto per rissa (ma fu assolto), negli ultimi anni nell'Altofonte, in Prima Categoria. Fino al giallo e alla tragedia del mercato di Palermo in un caldo lunedì di giugno. --© RIPRODUZIONE RISERVATA