«Il campo largo? Un buon risultato»
il retroscena/1Carlo Bertini / RomaEnrico Letta spera che da queste elezioni il Pd esca primo partito in Italia, basterebbe un decimale sopra la Meloni per farlo sorridere. Nell'attesa, fa partire una selva di bordate contro Salvini e gongola per veder premiata la scelta del campo largo nei comuni dove cinque anni fa il Pd perse di schianto. «Un ballottaggio a Palermo sarebbe un miracolo», è il refrain che corre nelle chat di Pd e M5S fino alle 23, quando i dati degli exit poll sembrano gelare questa speranza. Giuseppe Conte brinderebbe per un doppio turno siciliano, così come per una vittoria al primo turno a Taranto. Letta tiene i piedi per terra, gode intanto di essere in testa a Verona e della riconquista di Parma dopo un quarto di secolo, così come del ballottaggio a Catanzaro. Ma la realtà non è rosa e fiori, perché a Palermo, Genova e L'Aquila il centrodestra si avvia ad una vittoria al primo turno e anche Verona e Catanzaro, se il centrodestra che si è diviso riuscirà a ricompattare il suo elettorato, sono a rischio. Ma i due leader di centrosinistra sono parzialmente contenti per motivi diversi: i dem possono dire che «dove siamo uniti andiamo ai ballottaggi», i 5S che al sud contano. Ma se come dice Letta «i ballottaggi sono un'altra partita», tra due settimane tutto sarà in gioco, con speranze «anche a Verona e Catanzaro, città dove 5 anni fa il Pd non superò il primo turno e ora se la gioca per vincere con il campo largo», fa notare il luogotenente di Letta nei territori, l'ex ministro Francesco Boccia. A dispetto di tutto, fa ben sperare la sorpresa di Tommasi largamente in testa a Verona (sostenuto da Pd, 5S e Calenda, ma non da Renzi che sta con Tosi), di Parma tornata conquistabile con il candidato Guerra in vantaggio, di Catanzaro contendibile con Nicola Fiorita dato al 31-35%, che tallona l'uomo di centrodestra Donato al 40-44. Su Verona, al Nazareno «le sensazioni sono positive, perché ogni ballottaggio è polarizzato e se Tosi ha fatto la lista da solo contro Salvini, molti dei suoi voti andranno a Tommasi, compresi quelli dei renziani». Ma il risultato che Enrico Letta sbandiera come un trofeo, è il tragico flop di Salvini sui referendum: fattore in più per rimarcare che tra un anno la sfida sarà solo tra lui, capo del Pd, e Meloni. «Gli elettori non si sono fatti prendere in giro, i votanti al referendum sono meno di quelli dei partiti promotori», fanno il punto il leader dem e i suoi colonnelli. Basta sentire Serracchiani, che parla di «un flop oltre ogni aspettativa, non raggiungono la metà dei loro voti, considerando che a fare campagna c'erano anche Fi, Iv e Meloni», per capire che Letta batterà la lingua dove duole il dente di Salvini. Ma nel Pd molti stanno col fucile puntato sull'alleanza con i grillini. «L'impressione che il Pd regga bene anche al nord - dice Alessandro Alfieri il coordinatore dell'area riformista che fa capo al ministro Guerini - fa da contraltare alla sensazione che laddove i 5S possano essere decisivi, come al sud, vengano a mancare e ciò deve farci riflettere». I grillini a caldo benedicono il progetto con i dem, come «un esperimento importante in vista delle politiche», dice Giulia Sarti. Stasera si vedranno i dati delle liste dei partiti. --© RIPRODUZIONE RISERVATA