Il piano di Draghi sul gas un grado in meno nelle case

Alessandro Barbera / romaUna tappa a Luanda in Angola mercoledì, e subito dopo a Brazzaville, capitale dell'ex Congo francese. Per Mario Draghi cercare alternative al gas russo costa tempo e chilometri. Chiusi gli accordi con i vicini africani - Algeria ed Egitto - il premier ora è costretto a spingersi ben oltre i confini dei mari territoriali. La disputa fra l'Europa e Mosca sul pagamento del gas in rubli, e la probabilità sempre più concreta di dover rompere i rapporti commerciali con lo Zar impongono di farlo rapidamente. Più che la ragioni pratica vale quella diplomatica: prima l'Italia si garantirà forniture diverse, più forte potrà mostrarsi di fronte al ricatto russo. L'Eni presidia i due Paesi da anni, ma finora la sua attenzione si era concentrata sul petrolio. La visita di Draghi serve a garantirsi un bene fin qui snobbato perché costoso rispetto a quello trasportato attraverso i tubi: il gas liquefatto. Secondo le stime che circolano nel governo la visita vale l'equivalente di cinque, forse sei miliardi di metri cubi di gas all'anno. Per avere un ordine di grandezza, almeno un sesto del fabbisogno russo. Con un grande però: il gas liquefatto viene trasportato via nave e successivamente trasformato nei rigassificatori. L'Italia ne possiede tre, tutti sui tratti di mare di fronte a La Spezia, Livorno e Rovigo. La loro capacità può essere migliorata, ma senza nuove infrastrutture le navi cariche di liquido in arrivo da Congo e Angola non serviranno a granché. L'Enel ha fermo da anni un progetto a Porto Empedocle, ma il ministro della Transizione ecologica Roberto Cingolani lo considera un investimento dai tempi lunghi e i destini incerti. Così ha dato mandato a Snam di mettersi alla caccia di due navi rigassificatrici, nella speranza di non farsele soffiare da altri Paesi come la Germania. Se tutto andrà bene, il primo rigassificatore galleggiante arriverà a inizio 2023 e verrà sistemato al porto di Piombino, già attrezzato per trasferire il gas nella rete di Snam. Insomma, l'unico nemico della strategia di affrancamento dal gas russo è il tempo. Cingolani lo ha fatto capire chiaramente: il problema è il prossimo inverno. Per questo a Palazzo Chigi e al ministero della Transizione si sta ponendo molta attenzione alle aste sussidiate per gli stoccaggi di gas iniziate il primo aprile, e sulle quali è stato necessario superare le obiezioni dell'Autorità per l'energia. Se poi lo stop al gas russo arriverà davvero, occorrerà anche prepararsi ad una riduzione dei consumi. Draghi non ha ancora usato la parola «austerity» in voga nei Settanta, ma di questo si tratta. Il primo passo è compiuto: negli uffici pubblici sono stati disposti la riduzione di un grado della temperatura d'inverno (da venti a diciannove gradi) e l'innalzamento di altrettanto durante l'estate (da ventisei a ventisette). Il prossimo passo saranno le utenze per il riscaldamento domestico. Le stime sono sul tavolo di Draghi: l'imposizione di un grado in meno d'inverno, associato a due ore di minor utilizzo degli impianti valgono l'equivalente di quattro miliardi di metri cubi di gas, uno in più di quel che ci verrà fornito dall'Egitto in spregio alla memoria di Giulio Regeni. Una fonte di governo sotto stretto anonimato parafrasa il premier: «Il prossimo inverno gli italiani dovranno probabilmente scegliere fra le ragioni della pace e un maglione più pesante. Credo la gran parte di loro non avrà dubbi». --© RIPRODUZIONE RISERVATA