Padova: sciarpe, fiori e lacrime «Gianni Di Marzio era amato»
Stefano Edel / PADOVASulla bara, oltre ad un cuscino funebre di rose rosse, ci sono i simboli delle squadre che hanno contrassegnato una parte importante della sua vita: la maglia biancoscudata, con il nome e il numero 10, e le sciarpe e i cappellini di Napoli, Palermo, Cosenza e Catanzaro. Quando il feretro fa il suo ingresso nel Duomo, l'emozione è forte nei tanti personaggi del mondo del calcio e del giornalismo che hanno voluto esserci per tributare l'estremo saluto a Gianni Di Marzio, ex allenatore e dirigente, poi opinionista e commentatore, scomparso a 82 anni nella notte fra venerdì e sabato scorsi all'ospedale di Padova. Piangono la signora Tucci e il figlio Gianluca, volto noto di Sky Sport, e intorno a loro si stringono idealmente ex giocatori, allenatori, direttori sportivi e procuratori, che hanno intrecciato le loro personali esperienze con quelle di un grande personaggio del pallone. Saranno poco più di 300 i testimoni dell'ultimo viaggio terreno di un uomo che ha fatto parlare molto di sé, e non solo per essere stato lo scopritore di Maradona e Cristiano Ronaldo. Sono presenti gli allenatori Novellino, De Biasi, Cioffi, Semplici, Prandelli, Maran, Di Carlo e Bellotto, i direttori sportivi Osti e De Franceschi, i procuratori Pasqualin, Davide Lippi e Damiani, e gli ex giocatori Collovati, Gastaldello, Cantarutti, Sorrentino, Simonini e Policano. A livello istituzionale la Lega di Serie B ha inviato, a nome del presidente Balata, il responsabile della comunicazione Monguidi.Don Giuliano Miotto, il parroco, che celebra il rito insieme a don Pietro Lievore, ha parole dolci e affettuose nel tracciare il ricordo: «Gianni era un uomo che coltivava due forti fedi, in Dio e nel calcio. Gianluca, nel nostro dialogo di qualche sera fa, si è lasciato sfuggire più volte: "Sono cresciuto a pane e pallone", testimoniando come si sia addentrato nel mondo del calcio grazie ad un genitore capace di coinvolgerlo e di mettere insieme anche situazioni in realtà inconciliabili». Poi il ritratto personale del prelato: «Di Marzio era uno che ne sapeva di calcio, schietto, perbene, alla ricerca di un calcio pulito, vincente e fantasioso. Amato dai suoi calciatori, ha scritto qualcuno, non sprovveduto, anzi furbo. Ho negli occhi quella sua stanza luccicante di coppe, medaglie, trofei, quadretti e foto in cui ci siamo trovati noi tre, la moglie, il figlio ed il sottoscritto: tutto sembra raccontare vittorie, forse anche sconfitte, risultati, sacrifici e un popolo in festa, il coinvolgimento e la squadra. Sì, Gianni ha saputo fare squadra, in campo e nella sua famiglia. Ci dà l'occasione per pensare allo sport come esempio di virtù».Gianluca ha dato una notizia: a pochi giorni dalla scomparsa, uno stadio gli è già stato intitolato. E' quello di San Felice a Cancello, in provincia di Caserta, dove nel 1965, a 25 anni, Di Marzio iniziò ad allenare, e fu la Sanfeliciana la prima squadra di una lunga carriera. Un personaggio apprezzato da molti di coloro che sono stati a stretto contatto con lui. Walter Novellino: "Nei momenti di difficoltà mi aiutava sempre. Mi ha portato a Palermo e con Zamparini, quando non si vinceva o si pareggiava, mediava sempre a mio favore. Era straordinario e positivo in tutti i sensi». --