La Lega tratta con un mandato a metà

Francesco Olivo / RomaMatteo Salvini continua a trattare. Per tutta la domenica, con una pausa in serata per seguire il Milan, il segretario della Lega ha lavorato per mettere a punto la rosa di nomi da sottoporre agli altri partiti. Le «figure di altissimo profilo» entrano ed escono dalla lista. La difficoltà non è solo nel dialogo con gli avversari, ma soprattutto nel tenere unita la coalizione, impresa ardua specie dopo la traumatica rinuncia di Silvio Berlusconi alla corsa per il Quirinale, una mossa che può far crollare la fragile impalcatura. Alla vigilia dell'apertura delle votazioni c'è frenesia, ma non molta fretta. Il centrodestra ha deciso di votare scheda bianca oggi, un modo per non rischiare e prendere tempo. Per il momento resta il no a Draghi, «spostare il premier da Palazzo Chigi sarebbe pericoloso», dice Salvini, in linea con la lettera di Berlusconi. E che la vera partita non cominci con l'apertura formale del conclave lo dimostra il fatto che Salvini abbia deciso di radunare i gruppi soltanto domani. La rosa che il leader leghista potrebbe proporre a Enrico Letta e agli altri segretari per il momento si basa su quattro nomi: Maria Elisabetta Casellati, Letizia Moratti, Marcello Pera e forse anche Carlo Nordio. Il nome dell'ex procuratore aggiunto di Venezia, noto per le sue battaglie contro la politicizzazione della magistratura, è stato fatto da Giorgia Meloni. Nella coalizione però c'è poca speranza che questi nomi possano fare breccia nel centrosinistra. La trattativa poi non si può fare nemmeno sull'ipotesi Sergio Mattarella, ancora ieri definita da Enrico Letta «la soluzione migliore», giudizio non condiviso da Lega («Non abbiamo cambiato posizione»), né da Fratelli d'Italia. Si andrà quindi a trattare più avanti su altre basi.Dopo le tensioni nel vertice di sabato una domanda resta nell'aria: a nome di chi tratta Salvini? La risposta della Lega è secca: «A nome di tutto il centrodestra». Ma se non si ricompongono i cocci c'è il rischio di mettere in discussione il ruolo di king maker. La riunione dei capi della coalizione, dopo una lite accesa, si è chiusa senza un comunicato congiunto e ognuno è rimasto nelle proprie posizioni. Di conseguenza non c'è una posizione unitaria nemmeno sul futuro di Draghi, con Fratelli d'Italia che maliziosamente scarica sugli alleati il peso della decisione sul destino del premier. Dal centrodestra potrebbe uscire presto Coraggio Italia. Il fondatore Giovanni Toti resta cauto, ma alcuni deputati ormai hanno rotto gli indugi: senza Berlusconi in campo, non si sentono vincolati a una coalizione guidata da Salvini. L'ex forzista Osvaldo Napoli è il più chiaro: «Il centrodestra esiste come luogo immaginario. La regia per eleggere il presidente torna nelle mani del rinascente centro politico, attorno a personalità come Toti, Renzi, Calenda e altri». I leghisti preparano le contromisure: Toti governa la Liguria con loro e non si può permettere scherzi. In primavera poi si voterà a Genova e La Spezia e uscire dalla coalizione potrebbe avere un peso grande per Toti. Altra minaccia: la Lega potrebbe porre un veto all'eventuale ingresso di Coraggio Italia nel governo.Altro ostacolo per il mandato di Salvini è la gestione della crisi di Forza Italia. L'addio di Berlusconi ha lasciato macerie. Il settore più vicino a Draghi ormai non riconosce più la leadership di Arcore. La questione è seria, anche in ottica Quirinale, il voto segreto è un'ottima occasione per ribellarsi alla linea ufficiale e le trame sono già partite, «molti di noi preferiscono Pierferdinando Casini a gran parte dei nomi di centrodestra usciti in questi giorni», rivela un dirigente. Oggi il coordinatore Antonio Tajani riunisce i 140 grandi elettori forzisti, un appuntamento importante. --© RIPRODUZIONE RISERVATA