Teso e Marin, il contrattacco delle difese
eracleaIeri è stata la giornata delle difese, all'udienza d'appello appello ai 25 imputati che hanno scelto il rito abbreviato nel cosiddetto processo ai "Casalesi di Eraclea". In particolare, ha parlato la difesa dell'ex sindaco Graziano Teso, accusato di favoreggiamento esterno al "clan" in alcuni affari immobiliari e per il quale la procuratrice generale Marina Carmela Barbara Ingoglia e il pubblico ministero Roberto Terzo hanno chiesto la conferma della condanna di primo grado, a 3 anni e 3 mesi di reclusione.«Abbiamo fatto rilevare la totale mancanza, nella motivazione della sentenza, delle valutazioni sulle argomentazioni difensive basate sia su documenti che testimonianze», commenta l'avvocato Daniele Grasso, «considerando che l'indagine della Procura copre un periodo di vent'anni, sono state mosse contestazioni tra il 2006 e 2007: parliamo di un anno, 15 anni fa. Noi siamo convinti che all'epoca nessuno sospettasse l'esistenza di un'associazione di stampo mafioso a Eraclea, tanto che in occasione dell'arresto di Luciano Donadio nel 2006 per usura, la Procura stessa aveva dato il via libera al patteggiamento, ritenendo non ci fossero precedenti e che la condotta pregressa fosse stata apprezzabile. Non è vero che tutti sapevano che erano in odore di malavita: erano considerati imprenditori, basta vedere i titoli dei giornali dell'epoca». «Teso», ha concluso, «ha avuto rapporti solo con Poles, non con Donadio. Pensare che questi rapporti potessero essere funzionali a un consapevole sostegno all'associazione mafiosa è un passo che non è stato dimostrato né affrontato».Ha poi preso la parola - in un'arringa dai toni molto fermi - anche l'avvocato Tommaso Bortoluzzi, difensore dalla collega Annamaria Marin, l'avvocata penalista condannata in primo grado a 8 mesi (pena sospesa e non menzione), con l' accusa di aver passato informazioni coperte da segreto a Luciano Donadio (suo storico cliente) in occasione dell'arresto per possesso di armi di Furnari, operaio di Donadio. Durante la sua arringa, Bortoluzzi ha parlato di accanimento e «giustizialismo»: «All'avvocato Marin contestano di aver detto a Donadio - che di Furnari pagava le spese legali - che gli era stato confermato il carcere e che avrebbero fatto una perizia sulle armi: notizie che erano sui giornali già dalla mattina e che d'altra parte non erano in alcun modo utili a far eludere le investigazioni. Si trattava di dati pubblici». Le difese degli altri imputati contestano, in particolar modo, l'accusa di associazione per delinquere di stampo mafioso. La sentenza della Corte d'Appello presieduta da Carlo Citterio è attesa per il 26 gennaio. --roberta de rossi© RIPRODUZIONE RISERVATA