Lamorgese: «Adotteremo norme più dure»

il casoFabio Albanese / CATANIALo aveva detto il premier Draghi due giorni fa: «La tutela delle donne è una priorità assoluta del governo». Ieri la ministra dell'Interno Luciana Lamorgese ha dato corpo a quella dichiarazione di principio: «C'è l'urgenza di procedere con norme nuove da portare avanti anche in sinergia con le altre amministrazioni interessate», i ministri Cartabia, Gelmini e Carfagna: «Spero che il pacchetto di norme possa andare la settimana prossima in Consiglio dei ministri - dice Lamorgese -. C'è l'esigenza di una modifica del minimo delle pene edittali per poi procedere con strumenti di prevenzione più efficaci». La responsabile del Viminale era ieri a Catania assieme al capo della polizia Giannini per presentare campagna informativa e brochure della polizia "Questo non è amore", per la Giornata contro la violenza sulle donne. Una scelta simbolica, quella di Catania, dopo i femminicidi di agosto, Vanessa Zappalà, settembre, Ada Rotini, ottobre, Lucrezia Di Prima: 3 degli oltre cento avvenuti da inizio anno nel Paese. Ogni giorno, dice la polizia, ci sono 89 donne vittime di reati di genere; nel 62% dei casi sono maltrattamenti in famiglia. Gli strumenti legislativi e organizzativi che magistratura e forze dell'ordine hanno da qualche anno sono serviti: tra gennaio e agosto le donne vittime di femminicidio sono state il 41% di tutte quelle uccise, erano state il 48% l'anno prima. Si sono fatti passi avanti, dalla consapevolezza delle donne allo strumento dell'ammonimento da parte dei questori. Ma non basta più. Lo hanno ribadito le parlamentari Valente e Maiorino della Commissione d'inchiesta sui femminicidi. La procuratrice aggiunta di Catania Marisa Scavo è stata diretta: «Occorre modificare le leggi, a partire da quella sul codice rosso che impone ai pm di intervenire entro tre giorni ma non assegna ai gip limiti di tempo; nel frattempo le violenze possono continuare». Ci sono le vittime, e ci sono anche gli uomini «maltrattanti»: «Non c'è da curare nessuno - dice la criminologa Isabella Merzagora - è una patologia culturale». Ma l'esigenza che gli uomini violenti affrontino un percorso personalizzato di cure, anche con un obbligo di legge al momento incostituzionale, è una delle questioni da affrontare per evitare recidive. «La sfida contro il femminicidio si gioca esclusivamente sulla prevenzione», dice il capo dell'Anticrimine Francesco Messina. E il capo della polizia Lamberto Giannini: «È importante avere norme adeguate ma anche una grande formazione professionale. Chi denuncia deve sentirsi sicuro e al riparo da violenza e pregiudizi». La ministra dell'Interno invita le donne a usare l'app «Youpol» per denunciare: «Non diamo sempre la responsabilità a forze di polizia o magistrati. Serve prevenzione». --© RIPRODUZIONE RISERVATA