Moretti: «Pd del Veneto mai così in basso via questi dirigenti immobili e rassegnati»

l'intervistaFilippo Tosatto«Questa disfatta elettorale rappresenta il punto più basso toccato dal Pd nel Veneto. L'immobilismo del gruppo dirigente regionale è divenuto strutturale e così l'assuefazione alla sconfitta, perciò il congresso deve segnare un rinnovamento totale al vertice. Basta con i segretari nominati dai capicorrente, per onestà prendiamo atto che da tempo Alessandro Bisato ha presentato le dimissioni e la voce torni a militanti e simpatizzanti attraverso le primarie». Parole acuminate quelle di Alessandra Moretti: lapidata dagli avversari interni dopo l'infelice sfida a Luca Zaia del 2015, costretta alle dimissioni da capogruppo regionale, ha reagito scalando il Parlamento europeo a suon di consensi né si rassegna al ruolo di spettatrice.Cambiano gli interpreti ma il copione in terra veneta sembra immutabile: leghisti e centrodestra vittoriosi ovunque, agli sfidanti qualche briciola. Cosa c'è di nuovo?«C'è che stavolta in nessun comune sopra i 15 mila abitanti ha vinto il centrosinistra né con il simbolo democratico né con le liste civiche. Un tonfo in controtendenza rispetto al brillante esito nazionale. Nella gestione della pandemia il partito ha saputo rassicurare i cittadini e sostenere con efficacia l'azione di governo senza indulgere alla propaganda della destra. Ma la linea vincente di Enrico Letta va declinata nel territorio e bearci con le vittorie nelle metropoli serve a poco se ignoriamo il policentrismo veneto e le aspettative di chi vive in uno delle centinaia di municipi di tre, cinque, diecimila abitanti di cui è costellata la nostra regione».Sembra un De profundis...«Risalire si può ma servono lavoro, tenacia e grande unità di intenti perché le classi dirigenti non si improvvisano e di strada da recuperare ne abbiamo parecchia. La via maestra? Valorizzare la passione dei giovani e la competenza degli amministratori».Incluso il capogruppo Giacomo Possamai che ha inserito il Leone di San Marco nel logo dem in Regione?«Certamente, quando ho appreso la notizia l'ho chiamato per congratularmi dell'iniziativa: è un messaggio identitario forte che restituisce al popolo progressista un simbolo di memoria condivisa».A proposito di identità: l'impressione è che spesso, aldilà dei portabandiera di turno, i suoi compagni parlino ad un Veneto immaginario, lontano da quello reale.«Io non concordo con la narrazione che vuole questa terra popolata da egoisti, allergici alla solidarietà e alla tutela dei diritti. A Vicenza, di ritorno da una missione in Bosnia, ho raccolto straordinarie disponibilità all'accoglienza di profughi afghani e pakistani, r ricordo agli scettici che il Veneto è una culla del volontariato e dell'associazionismo. Semmai la colpa del Pd è quella di avere abbandonato certe battaglie, dallo Ius soli alla lotta contro le discriminazioni».Il congresso del partito veneto è annunciato tra novembre e dicembre, già circolano le candidature degli eterni mandarini dell'apparato: lei si limiterà ad alzare il ditino da Bruxelles o concorrerà per la leadership?«Lo ribadisco: spazio alle nuove generazioni e ai nostri bravissimi amministratori locali. Personalmente non nutro ambizioni ma sono a disposizione della comunità».Un po' generico come programma. Qual è la sua priorità assoluta?«La difesa delle donne, siano sottopagate nei luoghi di lavoro o minacciate e massacrate da uomini che le considerano una proprietà».Chi la chiamava Ladylike sobbalzerà dalla seggiola.«Io mi sento una femminista radicale, al passo con la modernità, non come lo era mia madre negli anni Settanta, ma in modo intransigente. Ecco, l'ho detto». --© RIPRODUZIONE RISERVATA