«Mediterraneo nuova arena competitiva nella sfida dei porti asse Trieste-Venezia»

L'INTERVISTAPiercarlo FiumanòIl Mediterraneo, da mare di transito, diventa mare di competizione»: così parla Massimo Deandreis, direttore generale di Srm, Centro Studi collegato al Gruppo Intesa Sanpaolo. Sui traffici marittimi non solo si sono abbattuti gli effetti della pandemia, ma a catena anche l'impennata dei costi dei noli. Deandreis, cosa accadrà?«Per capirlo dobbiamo tornare al 2001 quando la Cina, all'epoca potenza economica in ascesa, entra nell'Organizzazione mondiale del commercio (Wto) dando inizio alla globalizzazione dei mercati. Nell'epoca della contesa economico-diplomatica fra Stati Uniti e Cina, questo processo, a causa del neo-protezionismo iniziato con Trump, sta vistosamente rallentando. E oggi?Tutto è cambiato rispetto agli anni Settanta-Novanta quando il grande commercio mondiale si muoveva fra Europa e Stati Uniti. Oggi non è più così conveniente delocalizzare le produzioni in Paesi come la Cina sfruttando il basso costo della manodopera. Per questo si assiste al fenomeno del reshoring con il ritorno a casa delle produzioni».L'allarme rincari è scattato in queste settimane: il Baltic Dry Index, l'indice di riferimento dei noli marittimi, ha raggiunto il suo massimo superando quota 4.200.«I noli per i container sono cresciuti e continueranno con tale tendenza fino a metà del prossimo anno. Sono invece rimaste invariate le tariffe ro-ro, cioè il trasporto dei camion su distanze vicine che vede l'Italia leader mediterraneo ed europeo».Gli effetti della pandemia hanno provocato una sorta di tsunami che ha paralizzato i traffici. Le conseguenze? «La pandemia e incidenti come quello della Ever Given che ha bloccato il Canale di Suez stanno causando un ritorno alla "regionalizzazione" dei traffici globali accorciando le catene logistica delle forniture via mare. I porti del Sud sono diventati più competitivi. Oggi queste rotte regionali concentrano il 43% del traffico. Negli ultimi 10 anni le rotte intraregionali sono cresciute in volume di quasi il 70% contro una media delle altre rotte del 50%».Ma come potrebbe ridisegnarsi lo scenario della portualità?«Il traffico merci è diviso in tre grandi poli: Stati Uniti-Nafta, l'Europa e Cina. Questi tre grandi poli oggi si incontrano nel Mediterraneo che da mare di passaggio per le grandi navi diviene oggi un'area di grande competizione commerciale. L'Atlantico non è più così centrale per i traffici mondiali. In questo nuovo scenario i porti del Mediterraneo sono cresciuti a un ritmo del 6% l'anno. Gli equilibri commerciali e strategici si sono spostati dai porti del Nord Europa, che restano molto competitivi ed efficienti ma per i quali è finito il tempo delle rendite di posizione, a vantaggio degli scali del Sud Mediterraneo come Genova e Trieste». Trieste, per esempio, è un porto in grado di attirare nuovi investitori come nel caso recente del grosso investimento da 500 milioni di Bat con il primo insediamento industriale in Porto Franco ...«Si spiegano così anche gli investimenti dei tedeschi di Hhla, il gruppo terminalista pubblico di Amburgo, nella Piattaforma logistica Trieste al posto dei cinesi di China Merchants. Trieste è il perno meridionale di un'asse che va dall'Adriatico al Baltico in una posizione fondamentale per i porti del Nord».Previsioni?«Il trasporto marittimo continua a sostenere lo sviluppo del commercio internazionale: il 90% delle merci viaggia infatti via mare e i trasporti marittimi e la logistica valgono circa il 12% del Pil globale. Nel 2021 i volumi di traffico potrebbero raggiungere i 12 miliardi di tonnellate, superando i livelli pre-Covid. Allargando l'orizzonte agli anni successivi, si stima che nel 2025 la movimentazione container a livello mondiale crescerà a ritmi del 4,8% medio annuo (Europa +3,9%) e raggiungerà 1 miliardo di Teu». Vede una possibile integrazione fra i porti del Nordest, da Trieste a Venezia?«Trieste è molto ben integrato con la ferrovia e guarda all'Europa. Venezia con il suo retroterra industriale ha un peso strategico importante anch e se risente di un eco-sistema ambientale e urbanistico fragile come dimostra la scelta di allontanare le navi da crociera. Una sinergia fra queste due realtà potrebbe creare valore aggiunto valorizzando economie di scala anche con il porto di Monfalcone». Nell'ultimo rapporto Srm si parla di Porto 6.0. Cos'è?«Il porto 6,0 deve essere in grado di fare innovazione, puntando allo sviluppo internazionale, valorizzando l'intermodalità e connettendosi alle ferrovie, alla rete di trasporto locale e ai centri di ricerca e alle università, sfruttando le Free zone e gli incentivi finanziari ». --© RIPRODUZIONE RISERVATA