Zaia-Salvini, avanti divisi Comizi congiunti ma nessun tête-à-tête «L'agenda è gremita... »

Il retroscenaFilippo TosattoCielo di piombo sulla domenica leghista. A Cittadella, storica roccaforte, il meteo minaccia il rendez-vous di mezzogiorno con Matteo Salvini e Luca Zaia sul palco elettorale, ma in fondo un temporale di fine estate è poca cosa rispetto alle folgori che saettano nel partito. Il copione dei bisticci in salsa veneta include primattori e spalle, comprimari e comparse a caccia dell'attimo di celebrità. Il clou, manco a dirlo, riguarda il leader del Carroccio e il presidente del Veneto. Che in pubblico negano ogni dissapore, sciorinando reciproca stima; che in privato (si fa per dire, vista l'evidenza dei percorsi istituzionali e parlamentari) non nascondono le divergenze, acuite dalla pandemia che ha visto Zaia spendersi senza sosta sul fronte vaccinale e Salvini strizzare l'occhio ai No vax salvo accettare obtorto collo la linea dei governatori nordisti - e del ministro Giancarlo Giorgetti - in materia di Green pass e terza dose.la frecciata di borghi, l'anti-euro«Quando si è al governo non si può vivere di tattica gareggiando con Fratelli d'Italia a chi le spara più grosse», la frecciata ricorrente al Matteo in felpa. «Zaia? Persegue il consenso personale attraverso la sua lista civica, non quello della Lega», il gelido commento di Claudio Borghi, falco anti-euro vicinissimo al segretario. Così, nella città murata dell'Alta Padovana, officianti il veterano Massimo Bitonci (in corsa per la poltrona di sottosegretario all'Economia revocata al maldestro Durigon) e il giovane commissario Alberto Stefani, la fatidica coppia comizierà all'unisono e magari concederà una stretta di mano calorosa ai media e ai militanti, ma nulla di più. stefani, marcato e i congressiEscluso, per tacito accordo, un confronto a quattr'occhi, magari a tavola... «Per Matteo pranzare significa mangiare un boccone in piedi e schizzare via, ha un'agenda pazzesca, non c'è il tempo materiale, deve raggiungere Montebelluna al pari di Luca e poco dopo lo aspettano in Friuli. Lunedì poi sarà a Trieste, Caorle, Musile di Piave e Bologna...» , è la versione diplomatica di Stefani. A sua volta, in veste di dirigente cooptato da via Bellerio, punzecchiato a distanza da Roberto Marcato. Il "bulldog" reduce da un incontro romano con il citato Giorgetti («Sempre interessante confrontarsi con l'amico e ministro allo sviluppo economico», la didascalia alla foto postata su twitter) è tenace nel sollecitare la convocazione del congresso regionale e deciso, parrebbe, a concorrere alla segreteria forte di una vasta popolarità nella base. «Trovo pretestuoso polemizzare sull'argomento», ribatte al riguardo il commissario «prima c'è stato il passaggio da Lega Nord a Lega Salvini premier, un processo che ha coinvolto 1500 sezioni, non qualche clic sul computer; poi è arrivata la pandemia; finalmente la situazione si è rasserenata: il segretario ha dichiarato che i congressi di sezione si faranno a ottobre, quelli provinciali a primavera 2022 e successivamente i regionali. Che altro? Ben vengano i candidati, il confronto è il sale della democrazia». la geografia del potere internoNel frattempo, l'asse Stefani-Bitonci-Ostellari guadagna terreno nel Veneziano e, ancor più, nel Vicentino con il patto a sorpresa tra l'europarlamentare Mara Bizzotto - regina delle preferenze - e il ribelle Nicola Finco, in aperta rottura con Zaia dopo la mancata nomina ad assessore. Fluidi gli equilibri nel Padovano, i salviniani sarebbero avanti a Verona, decisivo perciò potrebbe rivelarsi il fronte di Treviso, la terra promessa leghista che un anno fa ha plebiscitato il governatore con percentuali imbarazzanti. Ai congressi en passant votano esclusivamente i delegati-militanti: chi controlla sezioni e tessere (ovvero i reggenti nominati calati dall'alto) giocherà con un asso nel manica. --© RIPRODUZIONE RISERVATA