Quel male sottile della sinistra e la paura di essere circondati

il casoFabio Martini / romaC'è qualcosa di nuovo, anzi di antico che si agita a sinistra: il sospetto di essere finiti in un governo di destra. La sortita di Giuseppe Provenzano, ex ministro del Sud e oggi vicesegretario del Pd contro due semplici consulenti del Dipe, dipartimento di palazzo Chigi («Nella più grande stagione di investimenti pubblici è opportuno chiamare degli ultras liberisti?») ha fatto l'onda sui social, rilanciando dubbi anche sulla presunta natura di destra del presidente del Consiglio. Fabrizio Barca, che nel governo Monti "rappresentò" la sinistra ed è intellettuale poco inquadrabile, dice a La Stampa: «Poiché esistono valori di destra e valori di sinistra, osservo che questo governo della necessità - privo di un indirizzo politico di chi lo sostiene - cela sotto la pellicola "tecnica" una logica conservatrice: le diseguaglianze di ricchezza non si toccano, il "pubblico" attui ciò che il privato chiede. E allora, anche le scelte degli economisti mi sembrano coerenti con questa logica. E non si dica che è un governo tecnico!».Da Barca e Provenzano una presa d'atto della natura del governo? Oppure sta riaffiorando un "mal sottile" tipico della sinistra, la paura di essere "circondati", bollando come destra chi la pensa diversamente? Enrico Borghi, parlamentare di punta della squadra di Letta, è lapidario: «Quel mal sottile è un rischio sempre presente a sinistra. Ma noi non faremo l'errore che la destra fece col governo Dini: prese le distanze dal governo di tutti e nacque l'Ulivo. Non daremo spazio all'idea di un Draghi conservatore e non lo regaleremo alla destra: lui non è la Croce rossa, può essere una frattura del sistema». Eppure un grande vecchio della sinistra italiana come Rino Formica propone due pennellate spiazzanti: «Chi è Mario Draghi? È un uomo che, per le sue esperienze professionali nelle banche ha sempre operato come buon amministratore delle cose così come stanno, in sostanza per politiche di stabilizzazione, dunque conservatrici. La sua è una metodologia di lavoro fondata sull'indissolubilità del potere, che non è il potere democratico, fondato sulla partecipazione: mai vista una banca che fa una consultazione democratica sull'investimento da fare?». La seconda pennellata è dedicata al Pd: «La storia dei consulenti? Teatrino: da sempre sono suddivisi tra i diversi partiti. Il problema è un altro. Ormai la sinistra ha perso la guida dei lavoratori e l'incidente nel Novarese simboleggia un cortocircuito: un operaio che finisce per uccidere un altro operaio. Il ministro del Lavoro, oltre a denunciare, mandi duemila ispettori e chiuda le aziende inadempienti». Certo, dietro l'attacco agli ultras liberisti, c'è anche un dualismo che si agita dentro la sinistra Pd per la guida dell'area e per la futura nomination come candidato segretario: da una parte lo sfidante, Giuseppe Provenzano, e dall'altra Andrea Orlando. Sostiene Enrico Morando, per anni capofila dell'area riformista: «Siamo ancora al partito che, al posto del governo, decide il consulente del governo stesso? Il Pd sta al 20%, rispetto alla popolarità ad oltre il 60% di Draghi. Ma se il consenso da conquistare sta tra quel 20 e il 60%, noi che facciamo: la caccia al liberale?». --© RIPRODUZIONE RISERVATA