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Enrico TantucciLa magìa di Palazzo Grimani tra antico e contemporaneo. La splendida salamandra cinquecentesca scolpita e annerita dal fumo di un antico camino - riemersa casualmente dal passato durante i lavori di allestimento - che dialoga silenziosamente con due grandi figure nere e capovolte di Georg Baselitz che la "scortano" sulle pareri, è in fondo il simbolo della doppia mostra che si apre oggi in quello che è senza alcun dubbio il più bel palazzo rinascimentale di Venezia, ora museo di se stesso."Domus Grimani" - questo il titolo dell'esposizione archeologica - propone il riallestimento museografico di uno degli ambienti più suggestivi del Palazzo, la Sala del Doge. Creata contestualmente ai lavori di ampliamento del palazzo terminati nel 1568 e voluti da Giovanni Grimani, patriarca di Aquileia, a seguito di un primo intervento sul palazzo realizzato insieme a suo fratello Vettore. Questo spazio, contraltare ideale della Tribuna e probabilmente anch'esso progettato dallo stesso Giovanni, voleva celebrare la figura di Antonio Grimani, abile mercante di spezie e primo doge della famiglia. Abbellito con marmi antichi e preziosi come l'alabastro giallo, il serpentino verde e il porfido rosso - provenienti dal Mediterraneo orientale da cui l'avo trasse la sua fortuna come commerciante di spezie e militare - lo spazio fu pensato come una scenografia spettacolare in cui esporre parte delle sculture classiche della collezione di famiglia. I curatori Daniele Ferrara, direttore della Direzione regionale Musei Veneto e Toto Bergamo Rossi, direttore di Venetian Heritage - comitato di salvaguardia italo-statunitense che in questi anni ha meritoriamente "adottato" il Grimani . , hanno potuto ricollocare all'interno della sala venti sculture, tra cui il gruppo "Dioniso appoggiato a un satiro" di epoca romana imperiale nella nicchia della parete frontale. Altre undici sculture sono state invece collocate nelle sale attigue: sei nel vestibolo della cappella, una nel Camerino di Callisto e quattro nella Sala di Psiche.Il contemporaneo - che dialoga però costantemente con l'antico - è i affidato ad "Archinto" , la seconda mostra che presenta nuovi dipinti e sculture (che rimarranno esposte per circa un anno) di un grande artista espressionista-esistenzialista come Georg Baselitz , a cura di Mario Codognato e prodotta da Gagosian in collaborazione con Venetian Heritage . Allestita al piano nobile del Museo , la mostra comprende dodici tele realizzate appositamente dall'artista per la Sala del Portego , collocate nelle sue originarie cornici settecentesche a stucco, dove fino all'800 campeggiavano i ritratti della famiglia Grimani. Il titolo della mostra e i suoi lavori fanno riferimento all'enigmatico ritratto del Cardinale Filippo Archinto che Tiziano realizzò nel 1558 , caratterizzato da una pennellata densa che confonde la figura con lo sfondo.E' nota la passione di Baselitz per questo secolo e l'importante collezione di incisioni cinquecentesche che possiede. Ed è evidente come Palazzo Grimani lo abbia ispirato. . I dipinti in Archinto confermano l'interesse e la passione di Baselitz per le tecniche di incisione . Il soggetto - spiega lo stesso curatore Mario Codognato - è dipinto su una tela che, ancora umida, viene appoggiata a una seconda. Applicando una pressione l'immagine si trasferisce da un supporto all'altro: la prima tela viene scartata mentre la seconda diventa il lavoro ultimato. Comparato alla tecnica di incisione tradizionale tuttavia, questo processo permette un controllo solo parziale sul risultato: un residuo frammentato dell'immagine iniziale viene trasferito sulla superficie finale, mentre notevoli variazioni di colore e di struttura derivano dalla pressione. Queste esplosioni cromatiche da cui emerge comunque una figurazione - più ancora delle grandi sculture in bronzo e rame che l'accompagnano - trovano a Palazzo Grimani una dimora amica. --