Vaccini in azienda, Carraro frena «Il sistema pubblico va benissimo»

Laura Berlinghieri / VENEZIAPer il momento gli hub aziendali attivi sono tre: Luxottica ad Agordo, Aermec a Legago e Marzotto di Valdagno. Ma, stando a quanto detto appena tre giorni fa dal governatore Zaia al commissario Figliuolo, potrebbe aggiungersene un'altra sessantina, con un raddoppio dei centri ora presenti tra le sette province. Eppure, la vaccinazione nelle aziende ha un orizzonte temporale che continua a essere spostato in avanti. Adesso, l'ennesima doccia fredda, nientemeno che nelle parole di Enrico Carraro, presidente di Confindustria: «Siamo arrivati in una fase nella quale chi vuole essere vaccinato riesce a ottenere l'appuntamento nel giro di due - tre settimane. Un conto era a marzo, con un sistema tutto da organizzare, quando anche noi ci eravamo resi subito disponibili per supportare la profilassi nelle fabbriche. Ma fare le vaccinazioni non è il nostro mestiere. Il sistema sta funzionando bene e mi sembra che questo rapporto non sia più necessario».In sintesi, di fronte a una macchina sanitaria che, con le sue forze, già riesce a correre, impegnare anche le aziende - con la ricerca di spazi, di personale - sarebbe uno sforzo inutile. «Anche perché la maggior parte dei lavoratori e dei loro familiari appartiene alle coorti anagrafiche che possono essere vaccinate» prosegue Carraro.In realtà, oltre alle tre aziende dove la campagna è già iniziata, è nutrita la lista dei siti che si sono resi disponibili per ospitare la profilassi. Aziende segnalate alla Regione dalla struttura commissariale, perché con sedi anche in Veneto. Per fare alcuni esempi, si tratta di Coldiretti, Enel, Eni, Ferrovie dello Stato, Figc, Intesa San Paolo, Pirelli, Poste italiane, Rai, Tim. Ma l'elenco dovrà essere integrato con i nomi di ulteriori ditte disponibili, non intercettate dal generale Figliuolo. Adesso il timore è che, dopo le parole del numero uno di Confindustria, alcune aziende della "galassia" decidano di sfilarsi. «Noi ci siamo sempre opposti alla logica di "prima il Pil", sostenendo la necessità di iniziare la campagna tutelando i più fragili. Il canale principale deve essere quello del sistema sanitario ma, con la disponibilità delle fiale, estendere la profilassi alle aziende non può che essere positivo. Se poi qualcuno pensava che il Pil dovesse saltare la fila, adesso è chiaro che non ne veda più le ragioni» dice Christian Ferrari, segretario regionale di Cgil, che prosegue: «Dando la precedenza ad anziani e fragili, è stata fatta la scelta giusta. Adesso invece sarebbe importante che il mondo del lavoro desse un segnale, anche politico, a completamento della campagna vaccinale. Oltre a questo, le aziende potrebbero anche mettersi a disposizione delle comunità locali, sul modello di Luxottica e Marzotto, in una logica positiva di responsabilità sociale di impresa».È sulla stessa lunghezza d'onda Gianfranco Refosco di Cisl che, parlando di vaccinazioni in azienda, le individua come «uno strumento importante di rafforzamento alla campagna vaccinale regionale». Del resto, era stato lo stesso commissario Figliuolo a indicare il Veneto come regione apripista delle profilassi in azienda, con avvio a giugno. «La Regione ci dica qual è la sua capacità vaccinale massima. E, nel caso in cui questa sia inferiore alle dosi disponibili, come ci era stato detto dovrebbe avvenire a giugno, allora si utilizzino anche le aziende. C'è un tavolo tecnico che coinvolge Regione, sindacati e associazioni datoriali, tra cui Confindustria. E noi ci auguriamo di definire il protocollo delle vaccinazioni in azienda in settimana. Chiederemo siano individuate delle fasce orarie per l'immunizzazione anche dei lavoratori delle piccole imprese». --© RIPRODUZIONE RISERVATA