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Alessandro Di Matteo / romaAdesso alzano il tiro le donne del Pd, quel tris di ministri maschi collezionato dai democratici non è proprio andato giù e oggi si riunirà la "Conferenza delle democratiche" per ribadire forte e chiaro che così non va. Non bastano nemmeno le rassicurazioni di Nicola Zingaretti sui posti da viceministro e sottosegretario, il problema è proprio nel partito. Un concetto che già ieri ha espresso chiaramente Cecilia D'Elia, presidente della "Conferenza" che aveva anche partecipato alle consultazioni con Mario Draghi: «Dobbiamo chiedere che ci sia una vicesegretaria donna. Così come dobbiamo porre il tema dei capigruppo alla Camera e al Senato». Zingaretti sapeva che i ministri tutti al maschile avrebbero scatenato un putiferio e non a caso nella nota che commentava la squadra di governo aveva subito detto che il Pd avrebbe chiesto un riequilibrio di genere su vice-ministri e sottosegretari. Ma, appunto, le donne democratiche non si accontentano. Intanto perché non sarà facilissimo nemmeno confermare tutte le vice-ministre e le sottosegretarie uscenti, quelle del "Conte bis". Fino alla scorsa settimana il Pd aveva sette ministri e 17 tra vice e sottosegretari e il timore è che i posti stavolta saranno molti di meno. Del resto, i ministri sono diventati solo tre: «Se dimezzano anche i posti da vice e da sottosegretario - ragiona un parlamentare democratico - vuol dire che ne avremo 7-8». Un numero di posti che basterebbe a malapena a confermare le uscenti, che sono appunto 7. «Ma calcoliamo - continua il parlamentare Pd - che qualche uomo verrà confermato: difficile togliere Antonio Misiani all'Economia, per esempio». Anche per questo le democratiche alzano il tiro. Dice Marianna Madia: «La questione delle donne nel Partito democratico è un problema di leadership, non di "riconoscimento" di ruoli o incarichi. E non è un problema di "competenze" specifiche non valorizzate». Lo stesso dice Lia Quartapelle: «Ha ragione Marianna Madia, il problema che emerge è la leadership». Stesso discorso fa Sandra Zampa: «La questione di genere ha a che fare tragicamente con la questione delle correnti e con il tema della leadership». Per Simona Bonafè, eurodeputata e segretaria del Pd toscano, «La scelta del gruppo dirigente del Pd di indicare solo figure maschili è una ferita aperta, uno sfregio alla storia della sinistra». Ma per Zingaretti sarà difficile aprire la questione dei capigruppo, come chiede D'Elia. È un paradosso, perché sia Andrea Marcucci che Graziano Delrio sono ex renziani, un lascito della passata gestione del partito, come del resto anche i gruppi parlamentari. «Certo - continua il parlamentare Pd - per Zingaretti sarebbe anche un vantaggio mettere almeno una persona "sua" alla guida di uno dei due gruppi. Ma non ci sono le condizioni, perché i capigruppo li votano i parlamentari», che appunto non sono "zingarettiani". «Non andrei a destabilizzare i gruppi», è la sintesi. Diverso il discorso della vicesegreteria. Paola De Micheli dovette lasciare l'incarico, quando venne nominata ministra, e ora lo stesso potrebbe fare Andrea Orlando. E, in ogni caso, gli si potrebbe affiancare una donna, magari Roberta Pinotti, che è tra i nomi in lizza per un posto nel governo. Tra le possibili new entry c'è anche Debora Serracchiani, che però guida anche la commissione Lavoro alla Camera e molti nel partito pensano che non sia opportuno lasciare ad altri quel ruolo. La stessa D'Elia viene data come possibile nuovo innesto nella squadra di governo, come pure si fa il nome di Madia. Ma ci sarà da fare i conti con i posti disponibili. --© RIPRODUZIONE RISERVATA