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Sergio FrigoIn questo mese dedicato alla memoria della Shoah un libro ricostruisce due belle storie che si sono dipanate tra il 1941 e il 1943 sull'Altopiano, la prima a Canove e la seconda nei luoghi dove qualche mese dopo si sarebbero svolte le vicende raccontate da Luigi Meneghello nei "Piccoli maestri". VITA QUOTIDIANALa prima storia fu riesumata con qualche licenza poetica dall'oblio in cui era caduta già da Mario Rigoni Stern nel racconto "La segheria abbandonata", nel libro "Ritorno sul Don". Ne ha scritto anche Paolo Tagini nel saggio "Le poche cose" (Ed. Cierre, 2006) che ha ricostruito le vicende degli internati ebrei nel Vicentino, e qualche approfondimento è stato presentato nel 2015 a Canove in un convegno e in una mostra poi transitata brevemente anche a Padova. Ma proprio queste iniziative, col ritrovamento di documenti e la raccolta di alcune testimonianze fra i pochi superstiti, hanno consentito all'artista e storico Giorgio Spiller di ricostruire ora nel libro "Shalom - profughi, solidarietà e resistenza in un villaggio di montagna" (Fraccaro editore, 20 euro) non solo le storie personali di alcuni protagonisti - i circa cinquanta ebrei internati nel borgo altopianese, e insieme i numerosi paesani che li accolsero - ma anche la vita quotidiana del piccolo paese ai margini della II Guerra Mondiale, di raccontarne la povertà solidale, le atmosfere ora cupe ora persino gioiose, e le relazioni interpersonali che intercorrevano fra i suoi abitanti e gli internati, diventati rapidamente ospiti a tutti gli effetti. Gli ebrei arrivarono col trenino il 24 novembre del '41, provenienti da vari paesi dell'Est. Sarebbero dovuti essere ammassati in una costruzione isolata e inospitale nell'antico Lazzaretto, ma in realtà si distribuirono tra varie famiglie del paese, perché l'edificio prescelto non era pronto, e di fatto non lo fu mai.Figure indimenticabiliIniziò così una convivenza coi paesani formalmente proibita dalla legge e malvista dai caporioni fascisti, ma foriera di collaborazioni, amicizie, amori, e benefici anche economici. Nel variegato gruppo di ebrei c'erano infatti medici, meccanici, lattonieri, orologiai, musicisti, ballerini e funamboli, che un po' per arrotondare la misera diaria passata loro dal regime, un po' per sdebitarsi con le famiglie ospiti, misero a disposizione della comunità le proprie competenze. Nel libro di Spiller, con l'originale grafica di Andrea Cunico Jegary, si stagliano alcune figure indimenticabili, segnate dal dolore per i familiari perduti, dalla miseria del presente e dall'angoscia per il futuro, ma capaci di resistere ad ogni prova, di trovare in se stessi, nell'amore dei propri cari, nel gusto per il proprio lavoro, nella musica, nel ballo, nella cura dei compagni più fragili, la forza per resistere.La fugaDall'altra parte si affacciano nel racconto figure umili di paesani - antifascisti, vedove di guerra, il medico condotto e molti altri - che seppero riconoscere negli strani personaggi capitati in paese degli esseri umani, bisognosi di accoglienza. Gli ebrei, consapevoli delle nubi che si stavano addensando, fuggirono tutti dopo l'8 settembre. Molti finirono nei lager, alcuni alle Fosse Ardeatine, ma alcuni sono tornati, dopo la guerra, a ringraziare i paesani che li avevano accolti, e dopo di loro sono venuti i figli, e i figli degli uni e degli altri mantengono ancora qualche contatto.Marce notturneLa seconda vicenda prende le mosse - senza un collegamento diretto - dove finisce la prima: qui protagonista è la famiglia ebrea veneziana dei Neerman, e l'ambientazione si sposta nelle montagne a nord di Asiago, nella malga Boscosecco, dove essi trovarono rifugio dalle persecuzioni razziali dopo l'8 settembre del '43. Ad aiutarli a sopravvivere, in quell'inverno rigido e nevoso, furono alcuni cittadini di Gallio, che assicurarono loro sostegno attivo e rifornimenti alimentari, che venivano portati con lunghe marce notturne sulla neve dal figlio quattordinenne Ferruccio Neerman. Molti anni dopo quel ragazzo e la sorella Olga - ancora viventi - avrebbero narrato quelle vicende in due libri, "Infanzia rubata" ed "Ebrei per caso", che sono stati presentati negli anni scorsi proprio a Boscosecco. La famiglia lasciò la malga nella primavera del '44, a causa della crescente pressione in zona dei nazi-fascisti. "La loro stufa era ancora calda - osserva Giorgio Spiller nel libro - quando a Boscosecco si insediò il gruppo di partigiani guidati da Toni Giuriolo": i Piccoli maestri di Luigi Meneghello. In quella malga - punto cardine della Resistenza al nazifascismo - Spiller ha proposto ora al Comune di Roana di creare un centro di incontri e riflessioni sulla montagna. --© RIPRODUZIONE RISERVATA