«Decisione sconcia Per avere giustizia pronto a rivolgermi alla Corte europea»
l'INTERVISTA«Dal punto di vista giuridico la decisione della Cassazione di confermare la prescrizione di un reato che non mi poteva neppure essere contestato è uno "sconcio": anche il Procuratore generale ha aderito al nostro ricorso, chiedendo la mia assoluzione». La voce è pacata e serena, ma la rabbia e l'amarezza trasudano da ogni singola parola dell'ex sindaco Giorgio Orsoni, avvocato e professore, all'indomani della decisione della Corte di Cassazione dichiarare inammissibile il ricorso presentato dai suoi legali per chiederne l'assoluzione piena dal "processo Mose". La Corte ha, infatti, confermato la prescrizione della contestazione ad Orsoni di finanziamento illecito ai partiti, per 250 mila euro ricevuti "in nero" durante la campagna elettorale dall'ex presidente del Consorzio Venezia Giovanni Mazzacurati, per tramite del suo segretario Sutto. Fatto che l'ex sindaco ha sempre negato, contestando anche l'essenza stessa del reato: candidato sindaco non iscritto ad alcun partito, non gli si sarebbe potuto neppure imputare - sostiene - per finanziamento illecito. Dall'accusa di aver incassato "in chiaro" 110 mila euro dal Cvn è stato invece assolto sin dal primo grado. Tribunale di Venezia, Corte d'Appello, Cassazione hanno confermato la prescrizione: ormai è un fatto.«Tutti sanno come è andata. Il Tribunale di Venezia aveva rinviato le udienze fino a luglio, decidendo poi di sentenziare a settembre e in quei due mesi è maturata la prescrizione. Un modo per salvare la tesi della Procura e non discutere l'assoluzione. Una "bizzarria" poi che la Cassazione smentisca ora se stessa, dal momento che nel 2017 in un ricorso fotocopia che riguardava un altro candidato sindaco non iscritto ad alcun partito, aveva dichiarato che non gli si potesse contestare il finanziamento illecito. Tesi che il Procuratore generale ha condiviso chiedendo l'assoluzione, ma evidentemente non si è voluto creare problemi con la Procura».Il procuratore aggiunto Stefano Ancilotto ha però ribadito come la sentenza di primo grado, nel dichiararlo prescritto, confermi il passaggio dei 250 mila euro.«Non avrei mai ritenuto di suscitare tanta acrimonia. Quanto al reato, non è mai stato accertato un bel niente: non c'è mai stato alcun giudizio di merito e non sono certo stato io a chiedere la prescrizione, ma l'assoluzione. I commenti di queste ore? Informazioni di improvvida leggerezza, fatte per far presa sull'opinione pubblica. Attenderemo le motivazioni della sentenza e valuteremo se ricorrere alla Corte europea per i diritti umani, che ha più volte condannato il governo italiano per aver interpretato male le norme».In tutti questi anni ha mai pensato di aver sbagliato qualcosa nel suo rapporto con Mazzacurati? Una frequentazione magari troppo ...frequente?«All'epoca Mazzacurati girava in tutti gli ambienti: in campagna elettorale mi era stato messo tra i piedi da altri e, poi, da sindaco non potevo non incontrarlo, era il presidente del Cvn. Ma le posizioni erano chiare: lo dimostra il fatto che sono stato io a ottenere dal Demanio che l'Arsenale andasse alla città e ai veneziani e non al Cvn che lo voleva a tutti i costi. Sono io ad essermi messo di traverso ai piani di Mazzacurati. La considero una mia grande vittoria a vantaggio della comunità, straordinaria opportunità per Venezia. Per questo mi amareggiano molto altre ricostruzioni false, da parte di chi dovrebbe attenersi ai fatti. Per il resto sono sereno: ho sempre operato a vantaggio del Comune di Venezia».Ieri, il procuratore aggiunto Ancilotto non ha voluto commentare oltre. Ma sulle sue parole del giorno prima - «In molti ci avevano detto strage su Orsoni invece sono stati corretti sia il passaggio illecito di denaro i nero, che la contestazione di denaro. Avevamo visto giusto: il richiamo della difesa non era corretto. Il candidato sindaco è anche candidato consigliere comunale. Orsoni ha preso i soldi in nero e ciò è un reato» - sono intervenuti con una nota gli avvocati difensori Francesco Arata, Carlo Tremolada, Fabio Cintioli, «costretti a correggerne le imprecisioni»: «La conferma della prescrizione del reato da parte della Suprema Corte in relazione all'unica delle imputazioni per le quali il prof. Orsoni non era stato invece assolto nel merito, non equivale a una sentenza di penale responsabilità. La prescrizione - come la stessa Corte ha in più occasioni insegnato e come prevede il codice - non comporta l'accertamento del fatto, per altro sempre negato dal professor Orsoni, e una volta maturata dev'essere dichiarata anche laddove l'imputato risulti estraneo al fatto, ma la relativa pronuncia non possa essere ammessa se non a seguito di complessa attività di accertamento. La Cassazione era chiamata a pronunciarsi su un profilo di dritto , senza alcun accertamento. Lo stesso Pg ha chiesto l'accoglimento del ricorso, anche in forza di specifico precedente della Suprema Corte del tutto in linea con le tesi della difesa. Valuteremo il ricorso alla Corte europea dei Diritti dell'Uomo». --roberta de rossi© RIPRODUZIONE RISERVATA