Senza Titolo
il personaggioStefano SemeraroAnche al Roland Garros bisognerebbe evitare assembramenti, poi il tennis è tennis, e al Roland Garros si gioca ancora il vero tennis, quello senza tie-break al quinto set, tutto sangue e arena, e alla fine chi se ne frega se l'arena (rossa) è fradicia come un'aia bretone, le nuove palle Wilson ci saltano sopra come quaglie gonfie d'umidità e Nadal (esordio vincente per lui, mentre Fognini è già fuori) non gradisce: tutti attorno al campo 14, dove qualcosa sta succedendo. E cioè che Lorenzo Giustino, 29 anni da Napoli, al suo secondo match in uno Slam batte 18-16 al quinto set l'idolo locale Corentin Moutet, tutto spocchia e rovesci mancini. La partita dura 6 ore e 5 minuti, la più lunga mai giocata da un italiano, la seconda più lunga nella storia del Roland Garros dopo quella fra gli enfant du pays Santoro e Clement del 2004 (6 ore e 36), ma divisi in due giorni. È l'ottavo match maschile per durata della storia, in una classifica guidata dall'impareggiabile Isner-Mahut del 2010 a Wimbledon: 11 ore e 5 minuti spalmati su tre giorni (solo il quinto set di ore ne durò 8). Impareggiabile, o quasi, perché oggi la tagliola del tie-break impera ovunque, anche in Davis e in tre degli Slam, e solo Parigi offre praterie temporali teoricamente sconfinate. Moutet ha servito per il match sul 7-6, 14-13 e 15-14 del quinto set, ma Giustino il resiliente è uscito dalla buca tutte le volte e poi ha piazzato la stoccata. Una occasione così la aspettava da sempre, morale della faccenda: non è mai troppo tardi, nel tennis come nella vita.Nato a Napoli, Lorenzo in realtà è cresciuto soprattutto in Spagna, a Barcellona, dove i genitori si sono trasferiti quando era piccirillo, 7 anni, appena iniziato al tennis dal maestro Russo a Fuorigrotta. In Catalogna fra i 10 e i 14 anni ha punito tutti i locali, poi ha iniziato a cambiare più coach che Zamparini allenatori: Orantes, Ricardo Ros, Pere Riba, i Bruguera padre e figlio, che avrebbero voluto naturalizzarlo e mettere ordine nel suo entusiasmo («Lorenzo, prima devi capire il tennis, poi devi giocare a tennis»). In effetti a vederlo giocare più di una volta non capisci mai se è un operaio o un bombardiere, piuttosto uno Zelig del tennis, dotato ma un po' disordinato, che tende a plasmarsi sul gioco dell'avversario. Con lui ci hanno provato anche Nargiso, e poi Rianna ad Arezzo, da quattro anni gli ha messo la cavezza Carbone. «Nella mia carriera ho avuto tante difficoltà, non solo economiche, che mi hanno rallentato», spiega. «Per questo sto uscendo solo adesso. I miei idoli? Non ne ho. Io i tennisti li guardo tutti, per me tutti sono dei grandi». Il primo tabellone slam se l'era conquistato a febbraio in Australia, stoppato subito da Milos Raonic, domani su un campo importante proverà a fare il Masaniello contro un altro irregolare del tennis, El Peque Schwartzman, numero 14 del mondo, un metro e 68 di intelligenza e tigna monumentale. Dagli States lo guarderà anche Geri, il fratello, cardiologo di fama che a Manhattan in questi mesi ha lottato contro il Covid. E se il pubblico in mascherina si raggrumerà ancora, per vedere come se la cava Giustino il maratoneta, farà finta anche lui di non vedere. --© RIPRODUZIONE RISERVATA