Sarte e maschere della Fenice senza un sostegno al reddito
Passare da avere uno stipendio a ritrovarsi senza un euro, né di paga né di contributo pubblico. Per un pasticcio di competenze.L'emergenza Covid ha fatto strame della vita di molti lavoratori, ma pur a fronte di contributi pubblici per la cassa integrazione e per i "famosi" 600 euro per i lavoratori autonomi, nell'affastellarsi di disposizioni e circolari, interventi del governo e deleghe all'Inps, si sono create anche sacche di diseguaglianza che - in questa crisi - pesano ancora più.Come quella denunciata ieri - in due diversi interventi - da Cgil-Slc e Usb Lavoro privato e che riguarda un centinaio di lavoratori del teatro La Fenice. Non si tratta di orchestrali o di personale amministrativo - personale che, pur tra le molte difficoltà del settore spettacolo, hanno quantomeno avuto accesso alla cassa integrazione e ora sono in ferie - ma dei cosiddetti "intermittenti": le maschere che accolgono il pubblico, le sarte dell'atelier, tecnici a chiamata. Personale a chiamata, ma con una propria vita lavorativa regolare in tempi "normali" di programmazione. L'allerta parte dalla Fenice, ma riguarda altre centinaia di lavoratori veneti, soprattutto nel mondo dello spettacolo e delle fondazioni lirico sinfoniche. Il problema? Per l'Inps non hanno diritto ai 600 euro del governo, perché in quanto lavoratori dello spettacolo accederebbero al fondo Fis. Ma non è così. «Un centinaio di lavoratori e lavoratrici del Gran Teatro la Fenice si trovano in una situazione economica drammatica», incalza Gino Bortolozzo, dell'Usb, «proprio perché da marzo non percepiscono né Fis né bonus di 600 euro e si trovano in una situazione di povertà assoluta. L'azienda non ha potuto inserirli nel Fis da aprile in poi, in quanto mancava la programmazione, con il lockdown per i teatri. Hanno così fatto richiesta per i famosi 600 euro del bonus per i lavoratori dello spettacolo, cui la Regione Veneto ha aggiunto un ulteriore supporto di 400 euro, ma domenica 2 agosto - con grande sconcerto - hanno scoperto che la piattaforma elettronica dell'Inps ha respinto la loro domanda, giudicandoli incompatibili al ricevimento del bonus, in quanto per l'Inps percettori di un altro ammortizzatore sociale, come il Fis». «Una situazione gravissima, allucinante, sulla quale bisogna che l'Inps di Venezia, per prima, si metta in moto», commenta Laura Gavarini, segretaria Slc Cgil, «in questi giorni sta rigettando le molte domande degli "intermittenti" relative al bonus per i mesi di marzo, aprile, maggio, perché c'è chi a marzo è riuscito a percepire un minimo di Fis a copertura di prestazioni già programmate prima del lockdown. Ma c'è chi ha preso 80 euro a marzo e chi neppure quelli. La burocrazia dell'Inps regna sovrana. È vergognoso: questi lavoratori - già penalizzati molto in periodi normali - devono ottenere quello che spetta loro, senza cavilli, circolari e mancanza di buon senso». I sindacati chiedono un incontro urgente alla direzione dell'Istituto di Venezia. --r.d.r.© RIPRODUZIONE RISERVATA