Eraclea e l'ombra della camorra quando imperava il clan Donadio
EracleaLa lunga ombra dei casalesi su Eraclea e il Veneto orientale. Non da ieri, ma da oltre un decennio: usura a tassi da capogiro, imprese rilevate a suon di minacce e trasformate in cartiere di false fatture, raid punitivi, ma anche favori politici, compravendita di voti in cambio di appalti.Queste le accuse che i pubblici ministeri Federica Baccaglini e Roberto Terzo stanno muovendo in aula al "Clan Donadio", l'associazione per delinquere di stampo mafioso legata ai casalesi, che secondo la Procura di Venezia ha dettato legge sul litorale del Veneto Orientale, agli ordini di Luciano Donadio.Da settimane, si susseguono e s'incrociano in aula bunker le udienze: quelle davanti alla giudice Michela Rizzo, chiamata a processare i 25 imputati che hanno chiesto il più celere rito abbreviato (che gli garantirà uno sconto di un terzo della pena, in caso di condanna) e le udienze davanti ai giudici del Tribunale di Venezia presieduto da Stefano Maduzio, per i 45 imputati che hanno invece scelto di difendersi in aula, in un processo "tradizionale". L'agenda dei giudici è piena fino a dicembre: maxi-udienze con decine di imputati collegati in videoconferenza da tutt'Italia e folle di avvocati in aula. Mascherine, disinfettante e distanziamento sociale anti-Covid d'obbligo.Tra chi ha scelto il processo in aula - con i suoi tempi lunghi, tra testimonianze e interrogatori - lo stesso Luciano Donadio, ma anche l'ex sindaco di Eraclea Mirco Mestre, che nega qualsiasi relazione o voto di scambio con il gruppo in odor di camorra. Tra gli imputati dell'abbreviato - oltre ai sodali operativi del clan - anche l'ex vicesindaco Giuliano Teso, che a sua volta si difende, come pure è decisa a fare l'avvocata Annamaria Marin, già legale dei Donadio.Si dibatte - e combatte - in aula. --R.D.R.© RIPRODUZIONE RISERVATA