Schillaci: «Aspetto i gol dell'estate 30 anni dopo i miei Così ripartirà la vita»
l'intervistaAntonio BarillàTotò Schillaci, il calcio non si arrende: l'obiettivo è completare i campionati in estate.«Giusto così, l'Italia deve ripartire. Adottiamo tutte le cautele, però una ripresa è necessaria per impedire il crollo economico. Il pallone è specchio del Paese, industria fra le più importanti e passione popolare, ma dobbiamo pian piano riavviare tutte le attività, convivere con il Covid-19».Da imprenditore, quanto avverte il peso della crisi?«Il mio centro sportivo è chiuso da due mesi, ho spese vive e ricavi azzerati, però in fondo resto un privilegiato: c'è chi soffre davvero, chi è disperato perché non ha il pane, e lo Stato deve intervenire in maniera concreta, sostenere chi è in difficoltà. Il popolo si sta mostrando responsabile, rispetta il lockdown, ma è necessario da parte del governo aiutare chi ha bisogno, sospendendo pagamenti o erogando sussidi».Molti calciatori si sono tagliati lo stipendio.«Un gesto meraviglioso e un esempio: per affrontare un'emergenza senza precedenti, servono sacrifici da parte di tutti. Sarebbe bello se il risparmio ottenuto permettesse alle società di tutelare gli altri dipendenti. E guai dimenticare il calcio oltre la Serie A, dove si campa di salario seppur attraverso dribbling e gol».Gol sotto l'ombrellone: una novità assoluta.«Non per me. In Giappone, a fine carriera, ho giocato d'estate. Parlo, ovviamente, solo di reti in campionato».Ovviamente. Perché in maglia azzurra i suoi gol d'estate sono quadri d'autore.«Italia '90, trent'anni fa tondi. Sono volati, ma l'emozione è intatta: vive dentro di me, nelle immagini che passano di continuo, nell'affetto della gente che mi ferma».Indubbiamente, il momento più bello della carriera.«Solo un anno prima ero al Messina in B e già era straordinaria la convocazione: avevo alle spalle un anno di Juve, ero giovane e circondato da campioni. Nemmeno pensavo di giocare, ma forse è stato quello il segreto».Si spieghi.«Non avevo pressioni addosso, le grandi aspettative non si concentravano su di me, perciò ho potuto sfruttare ogni occasione con serenità ed entusiasmo».Segnò sei reti, la prima quattro minuti dopo essere entrato in campo.«L'impatto fu determinante. Gli attaccanti vivono di momenti, e quelli d'oro, come fu il mio quell'estate, si fondano spesso sui primissimi colpi: moltiplicano stimoli e coraggio, suggeriscono egoismi che non ti appartengono, osi perché avverti che tutto gira bene, ti senti ispirato così cerchi sempre la porta. E la trovi. Ci vuole anche fortuna, come in tutte le componenti della vita, e aiuta la determinazione: io, finita una partita, pensavo all'altra, non mi sono mai fermato a riflettere sulla mia nuova immagine di eroe nazionale».Quell'immagine ha due occhi spiritati.«A volte mi chiedono di rifarli, ma non sono capace. Erano gli occhi di un ragazzo partito dal basso che afferrava il sogno più bello: mostravano meraviglia, incredulità e gioia, urlavano ad altri ragazzi che nulla è impossibile».Il massimo.«Personalmente sì, ma c'è il rimpianto di non aver alzato la coppa: potevamo farcela, quella Nazionale era tra le più forti di sempre».Cosa è mancato?«Un po' di fortuna: siamo usciti ai rigori in semifinale senza mai perdere, non possiamo rimproverarci nulla».Grazie ai suoi gol, fu comunque un'estate magica.«È stato il mio momento migliore, ma sul campo non mi sono risparmiato. Per me il calcio è vita e per questo voglio che, in piena sicurezza e nel rispetto della salute, si riprenda: può aiutarci a superare un momento molto triste, a distrarci da un virus che ci ha allontanato dagli affetti e rubato gli abbracci. Sarà un'estate strana, diversa: i gol possono diventare un veicolo di normalizzazione»,Se si dovesse ripartire, immagina un duello tra Juve e Lazio per lo scudetto?«L'Inter può ancora inserirsi, ma non pensate che si riannodi un filo: servirà un'altra preparazione, bisognerà ritrovare condizione e stimoli. La classifica traccia gerarchie chiare, però si riparte da zero». --© RIPRODUZIONE RISERVATA