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Marina Grassoquero. La laurea in giurisprudenza, una lunga esperienza nell'amministrazione pubblica, una grande attenzione per la cultura del suo territorio diventata ispirazione per alcuni libri. E poi, come una sterzata improvvisa, una distilleria. Anzi, la distilleria. L'unica ancora in attività tra le 25 esistenti in zona qualche tempo fa. L'unica rimasta nella provincia di Belluno, a Quero Vas, nell'appartata località Caorera, lungo la valle del Piave: un antico e rustico edificio abbracciato dalle montagne e dal silenzio, con un antico cuore di rame all'interno. Per prendersi cura di quell'alambicco del 1908, Vincenzo Agostini (in foto) ha cambiato vita. Felicemente, va aggiunto. «A volte accadono cose strane», spiega, «Sette anni fa si chiudeva un ciclo della mia vita e avevo una gran voglia di voltare pagina. Da tempo sentivo l'esigenza di tornare alle mie origini contadine e ho preso in considerazione l'acquisto di questa distilleria, destinata a chiudere perché in sofferenza. Fu una scommessa, un bel rimettersi in gioco perché avevo più di cinquant'anni e dovevo imparare un mestiere nuovo. Sedotto dal luogo e dall'idea di non far cessare la produzione della grappa bellunese, un tempo tra le più rinomate d'Italia, colsi l'occasione. E, grazie a un accordo con il precedente proprietario, nei due anni successivi all'acquisto sono stato suo apprendista, un "garzone di bottega" che ha lentamente "rubato il mestiere" al maestro. E ora sono l'unico distillatore bellunese». Dall'impianto a ciclo discontinuo, tre caldaiette a vapore costruite a Conegliano da Zambeletti & Nogarol oltre un secolo fa, Vincenzo distilla la sua grappa lentamente, goccia dopo goccia. «La lentezza della distillazione artigianale», sottolinea, «e l'uso esclusivo di vinacce fresche, che arrivano dai viticoltori locali, mantengono intatti i profumi originari delle uve. Per questo il solo profumo di una grappa così prodotta identifica il vitigno da cui nasce. Per questo produco quasi esclusivamente grappa monovitigno, e solo di uve locali, sia da vitigni internazionali sia da autoctoni anche rari come Recantina, Pavana e Gata. Sono vitigni quasi del tutto scomparsi perché i coltivatori hanno trovato nuovi interessi, ma che qualcuno ha mantenuto in vita e che negli ultimi anni stanno appassionando altri piccoli produttori. A questi si aggiungono autoctoni più "famosi", come Glera e Raboso, ma anche i più diffusi Cabernet e Merlot». Una produzione varia, pur se contenuta: sono circa 8000 le bottiglie che il piccolo impianto riesce a produrre in un anno «Anche perché utilizzando solo prodotto fresco posso distillare solo nel periodo vendemmiale». Negli altri periodi dell'anno, però, Vincenzo non si allontana mai troppo dalla distilleria, un po' perché imbottiglia ed etichetta manualmente le sue grappe (con le etichette realizzate appositamente da Vico Calabrò), un po' perché è sempre felice di far visitare agli appassionati: «Arrivano dalle zone limitrofe ma anche da altre regioni e, grazie al web e a un buon passaparola, accolgo spesso turisti da molte parti d'Europa e dagli Stati Uniti. Non da ultimo, incontri qui numerosi operatori della ristorazione che vogliono capire meglio le mie grappe per poterle più opportunamente proporre al pubblico». Perché le grappe di Vincenzo non sono presenti nella grande distribuzione e, come tutte le cose preziose, vanno cercate, capite, assaporate lentamente. Magari proprio tra le caldaiette di rame che le producono, tra le pietre e le scalette di legno della distilleria, con Vincenzo che le racconta, ne descrive i profumi. E che si fa testimone di una tradizione, di una cultura, di un territorio. (distillerialecrode.com). --© RIPRODUZIONE RISERVATA