Municipalizzate nel mirino affare veneto da 4 miliardi
di Claudio Baccarin wPADOVA Non c'è due senza tre. «Il piano che ridurrà le municipalizzate da ottomila a circa mille è un provvedimento nazionale», affermò il 23 aprile il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Graziano Delrio, «ma inciderà soprattutto al Sud dove bisogna raggiungere livelli standard di affidabilità e di qualità nei servizi essenziali». Il 7 agosto, di fronte alla commissione bicamerale sull'attuazione del federalismo fiscale, il commissario alla spending review Carlo Cottarelli tornò sul concetto: «L'obiettivo è ridurre le partecipate da 8.000 a 1.000 in tre anni, e ottenere efficienza e risparmi. Credo che dalla riduzione del numero delle partecipate, e dall'efficientamento delle altre, potremmo ottenere risparmi per 2-3 miliardi». Ieri il premier Matteo Renzi, in visita all'Oréal di Settimo Torinese, è andato dritto al sodo: «Le ottimila aziende municipalizzate sono troppe, dobbiamo ridurle almeno a un ottavo delle attuali. Bisogna riconoscere quando servono e sono il parcheggio per esperienze politiche che non funzionano più». Ma nella nostra regione quante sono le aziende municipalizzate e di cosa si occupano? Al di là del fatto che la legge 142/1990 le ha ribattezzate aziende speciali, va detto che spesso di tratta di società di diritto privato (società per azioni o società a responsabilità limitata) il cui capitale è rimasto, in parte o in toto, nelle mani dell'ente locale. Confservizi Veneto ne cataloga una cinquantina, attive sia nei settori a rilevanza industriale (acqua, gas, energia elettrica, igiene ambientali, trasporti pubblici) sia in ambiti riconducibili ai servizi sociali e alla persona: Le imprese associate a Confservizi veneto occupano oltre 12.000 addetti per un valore della produzione di circa 4 miliardi di euro. Uno studio commissionato dalla Cgil all'Istituto di ricerche economiche sociali Veneto (Ires), e presentato a Verona nel marzo 2013, da Giuseppe barba, aveva preso in considerazione quattro servizi (idrico integrato, igiene urbana, trasporto pubblico e distribuzione urbana del gas naturale), forniti da 54 gestori principali. Complessivamente gli addetti, alla fine del 2011, ammontavano a 17.910. Il costo della politica (cioè consigli di amministrazione e collegi sindacali) aveva raggiunto gli 11,3 milioni di euro. Ovviamente in regione esistono le esperienze più disparate. Qualche esempio? La spa Bim Gestione Servizi pubblici di Belluno gestisce i servizi idrico integrato (acquedotto-fognatura e depurazione), gpl e teleriscaldamento. La società è partecipata al 100% da 67 Comuni bellunesi (non ne fanno parte Arsiè e Lamon). Se, come ha affermato ieri l'ex ministro Nunzia De Girolamo, «le partecipate sono diventate dei poltronifici», qui di poltrone da tagliare non ce sono: il 23 maggio 2013 l'assemblea dei soci ha infatti nominato un amministratore unico, Giuseppe Vignato, che riceve un compenso lordo annuo di 28.000 euro. Opera invece in 19 comuni disseminati in tre province la Acque del basso Livenza spa che gestisce il ciclo integrato delle acque in sei realtà veneziane (Annone Veneto, dov'è la sede), Cinto Caomaggiore, Concordia Sagittaria, Portogruaro, Pramaggiore, Santo Stino di Livenza), una in provincia di Treviso (Meduna di Livenza) e dodici in provincia di Pordenone. La società serve circa 140.000 residenti, oltre alla zona di Brussa in comune di Caorle. Il presidente del cda, Andrea Vignaduzzo, ha diritto a un compenso annuo lordo di 21.504 euro; per la vicepresidente Katiuscia Piccolo sono stati erogati 12.408 euro lordi; per il terzo componente del cda 9.924 euro.