Galan finanziato da 10 big rischiano di essere indagati

di Giorgio Cecchetti wVENEZIA Sono una decina gli imprenditori veneti che Giancarlo Galan ha coinvolto, facendone il nome, con il suo memoriale, ma possono stare tranquilli: se un reato hanno commesso, quello di aver finanziato illecitamente la campagna elettorale dell'esponente dell'allora Pdl, si tratta di un'accusa prescritta perché dal 2005 sono trascorsi ben di più dei sette anni e mezzo previsti dal codice. Non sono sembrati preoccupati di questa uscita dell'indagato numero uno dell'inchiesta sul Mose i pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Paola Tonini, tanto che ancora non hanno letto il documento di 35 pagine, che il giudice Alberto Scaramuzza ha trovato sul suo tavolo ieri mattina (è arrivato a Venezia da Milano, dopo l'interrogatorio nel carcere di Opera, sabato nel primo pomeriggio). Potrebbero decidere di sentirli tutti o, magari, solo coloro che avrebbero consegnato il contributo a Claudia Minutillo e che lei avrebbe trattenuto, secondo il racconto di Galan. Ma non hanno ancora preso una decisione, anche perché, nonostante la prescrizione, nel caso dovessero chiamarli e sentirli dovrebbero iscriverli nel registro degli indagati e, quindi, interrogarli non come persone informate sui fatti ma come indagati per la violazione della legge sul finanziamento pubblico dei partiti con un avvocato difensore accanto. Si tratta del gotha dell'imprenditoria di destra del Veneto che Galan ha dato in pasto alla Procura veneziana pur di cercare di rendere meno credibile il racconto di Claudia Minutillo, che comunque allora non venne cacciata ignominiosamente, ma sistemata al vertice di società legate al Consorzio Venezia Nuova grazie all'intervento anche di Lia Sartori, sollecitata in questa direzione dallo stesso Galan. I due pubblici ministeri presenti in ufficio sembravano più intenti a preparare il primo incontro con Galan o, meglio con i suoi difensori, gli avvocati Antonio Franchini e Nicolò Ghedini, che hanno disertato il primo con il giudice, quello con il magistrato milanese Cristina Di Censo per l'interrogatorio di garanzia del loro cliente, che ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere. Il secondo confronto ci sarà venerdì 1 agosto a Venezia con i giudici del Tribunale del riesame presieduto da Angelo Risi, che dovranno decidere se accogliere o meno il ricorso dei difensori, che puntano prima di tutto all'annullamento dell'ordinanza di custodia cautelare per corruzione, sostenendo che non vi sono i gravi e sufficienti indizi per tenere Galan in carcere, e in subordine chiedono gli arresti domiciliari. Intanto, Giampietro Marchese e Stefano Boscolo Bacheto e Gianfranco Boscolo Contadin attendono che il giudice fissi l'udienza in camera di consiglio per valutare se l'accordo con i pubblici ministeri per la pena patteggiata (11 mesi Marchese e due anni ciascuno gli altri) venga ritenuta congrua. I tre hanno già ammesso, almeno in parte, le loro responsabilità. Marchese in particolare ha spiegato di aver ricevuto da Pio Savioli, nel Consorzio Venezia Nuova stava a rappresentare le cooperative rosse ma obbediva soprattutto a Giovanni Mazzacurati, 150 mila euro, che avrebbe consegnato al partito poco dopo le elezioni del 2010: sarebbero stati utilizzati per coprire i debiti lasciati dalla campagna elettorale delle regionali del Veneto e delle comunali di Venezia.