«Pena troppo mite a Orsoni» No del Gup al patteggiamento
di Giorgio Cecchetti wVENEZIA Il sindaco dimissionario di Venezia andrà a processo con tutti gli altri indagati dello scandalo Mose. Ieri, infatti, il giudice veneziano Massimo Vicinanza ha respinto la richiesta di patteggiamento a 4 mesi di reclusione e 15 mila euro di multa proposta dalla Procura e dalla difesa sulla base del loro accordo, ritenendo la pena «del tutto incongrua rispetto alla gravità dei fatti». Il magistrato scrive che tenendo conto «dell'atteggiamento processuale dell'indagato e del venir meno della carica che egli ricopriva quando è stata adottata la misura cautelare», non può non essere notato «che le condotte da lui tenute sono molto gravi». Secondo il giudice dell'udienza preliminare si tratta di condotte gravi «sia per l'entità del contributo illecito ricevuto, sia per la provenienza soggettiva e oggettiva del denaro, sia per l'inevitabile rischio per la corretta gestione della cosa pubblica che ha comportato l'aver ricevuto ingenti somme». Proprio questi aspetti hanno portato il magistrato veneziano a ritenere «del tutto incongruo» l'accordo proposto da Orsoni e dalla Procura valutando che l'insieme delle pene sia stato eccessivamente basso, visto che quella pecuniaria risulta essere «cento volte inferiore a quella massima irrogabile» e quella detentiva «inferiore di due mesi al minimo irrogabile, anche tenendo conto dell'entità del finanziamento ricevuto». «L'esito dell'udienza odierna era prevedibile in relazione all'entità delle accuse svolte, al clamore che ne era seguito anche in relazione allo sproporzionato uso della misura cautelare» ha dichiarato Giorgio Orsoni, che non era presente all'udienza, dopo aver saputo l'esito. «La scelta di accettare il patteggiamento proposto dalla Procura», ha aggiunto l'ex sindaco, «era stata dettata dalla necessità di tutelare l'Amministrazione, ben consapevole della assoluta infondatezza dei fatti addebitati e della insussistenza della fattispecie di reato ipotizzato». «Venuta meno tale esigenza, ho auspicato la soluzione odierna che mi consente finalmente di difendermi appieno nell'ambito del processo. Prerogative fino ad oggi sempre negatemi», ha concluso l'ex primo cittadino. I suoi difensori, gli avvocati Daniele Grasso e Mariagrazia Romeo, hanno spiegato che le prossime mosse verranno decise assieme al cliente, comunque «le condizioni per affrontare il processo ci sono tutte» hanno dichiarato. In aula avrebbero in qualche modo preso le distanze dall'accordo che pur avevano firmato con i rappresentanti dell'accusa, battendosi perché il giudice dichiarasse subito il proscioglimento sulla base dell'errata qualificazione giuridica dei fatti. Per gli avvocati Grasso e Romeo, infatti, Orsoni non avrebbe commesso il reato di finanziamento illecito di un partito, non appartenendo lui ad alcun organizzazione politica ed essendo stato candidato di una coalizione. I pubblici ministeri Stefano Ancilotto e Stefano Buccini, davanti al magistrato, hanno sostenuto la bontà dell'accordo raggiunto affermando che sicuramente è meglio una pena certa, anche se minima, piuttosto che alla fine del processo di primo grado una pena maggiore, che però rischia la prescrizione davanti alla Corte d'appello visto il tempo trascorso dai fatti (la campagna elettorale è quella del 2010). Il giudice Vicinanza, comunque, si è espresso anche sulla qualificazione giuridica dei fatti, ritenendo corretta così come è stata contestata dalla Procura lagunare, che ha accusato il sindaco di aver incassato più di 500 mila euro dal Consorzio Venezia Nuova attraverso Giovanni Mazzacurati ed altri.