In Sicilia i 39 scampati al naufragio
Scendono come fantasmi dalla lunga scaletta della nave da rifornimento militare classe Etna, che ieri ha attraccato nel porto di Palermo. Tutti vestiti con le tute date dalla Marina. Un'immagine che rimane impressa: uomini e donne coperti di bianco da cui spuntano solo i piedi scalzi neri e i volti segnati. I loro abiti erano inzuppati di acqua di mare e kerosene dopo il naufragio del gommone su cui erano partiti dalle coste libiche. Sono gli ultimi 39 scampati alla morte di un viaggio che non scorderanno mai. Non hanno la scintilla del traguardo raggiunto negli occhi. Anzi, alcuni piangono ancora vedendo i corpi dei loro amici e parenti avvolti in teli o nei sacchi verdi scesi sul molo e messi nelle dieci bare di abete chiaro e poi portati via al cimitero dei Rotoli in attesa delle disposizioni del pm. Sono nove donne e un uomo le vittime recuperate. Ma altre decine di persone sono annegate. «Grazie alla rapidità delle unità navali dell'operazione Mare nostrum abbiamo potuto salvare i naufraghi. Se non fossimo stati lì sarebbero morti tutti», dice Marino Baldari, comandante della Etna. Dalla nave grigia scendono in tutto 653 uomini, 46 donne e 68 minorenni: le persone salvate in varie operazioni. Trenta migranti sono stati ricoverati negli ospedali palermitani. «Tra questi - dicono i medici dell'Asp - ci sono alcuni ustionati. Alcuni sembrano avere la scabbia e altri ancora potrebbero avere la tubercolosi». Sul naufragio la procura palermitana ha aperto un fascicolo d'indagine. Nell'ultima settimana, dice il sindaco Leoluca Orlando, ne sono arrivati 2mila e «l'Europa continua a guardare dall'altro lato». A Palermo numerose chiese sono state svuotate e al posto delle panche per i fedeli e dell'altare sono stati sistemati lettini.