Crimea a un passo dalla secessione Usa-Ue: «È illegale»

di Maria Rosa Tomasello wROMA Con una decisione che gela la diplomazia internazionale, la Crimea si trasforma nel detonatore che fa esplodere in Ucraina la più pericolosa crisi degli ultimi cinquant'anni tra la Russia e gli alleati del blocco occidentale. A fare l'annuncio che spariglia tutte le carte delle trattative è il vice premier della repubblica autonoma Rustam Temirgaliev: le autorità filorusse accelerano la secessione, anticipando al 16 marzo il referendum, previsto per il 30 marzo, con cui i cittadini sceglieranno tra Mosca e Kiev. Il "parlamento" della Crimea di Sinferopoli, presidiato dai soldati cosacchi, vota all'unanimità l'adesione alla Federazione russa, una risoluzione di cui il presidente russo Vladimir Putin viene subito informato: «La decisione entra in vigore oggi» dice Temirgaliev, annunciando i prossimi passi, l'adozione del rublo e la nazionalizzazione delle proprietà ucraine. Uomini armati occupano le sedi delle tv ucraine "Canale 5" e "1+1" e le oscurano, accendendo le trasmissioni di Russia 24. Nelle stesse ore a Donetsk, oriente russofono, i servizi segreti ucraini arrestano l'autoproclamato governatore filorusso Pavel Gubarev, mentre la giustizia ucraina emette mandati d'arresto per il premier e il presidente del parlamentino di Crimea, Serghei Aksionov e Vladimir Kostantinov. La regione è nel caos, uomini armati impediscono a 40 osservatori dell'Osce di entrare nella regione. Anche Sebastopoli annuncia un referendum per l'annessione alla Russia. Il governo provvisorio dell'Ucraina contrattacca: definisce «incostituzionale» la possibile adesione della Crimea alla Russia e, con una mossa che rischia di dare fuoco alle polveri, avvia le procedure per lo scioglimento del parlamento di Crimea e annuncia elezioni anticipate per il rinnovo dell'assemblea locale. «Il referendum è una farsa, un crimine organizzato dalle forze russe» accusa il presidente ucraino ad interim Oleksander Turchynov. «La Crimea è e resterà Ucraina» reagisce il premier Arseni Iatseniuk, annunciando che «in caso di ulteriori azioni nel territorio ucraino il governo e le forze militari interverranno». Kiev, dice, è pronta a firmare l'accordo di associazione con la Ue. «Stiamo chiaramente affrontando la più grave minaccia alla sicurezza dalla fine della Guerra fredda» commenta il segretario della Nato Anders Fogh Rasmussen. I leader dell'Unione europea in una dichiarazione congiunta bollano come «contraria alla Costituzione ucraina e quindi «illegale», la decisione di indire un referendum, il presidente del Consiglio Ue Herman Van Rompuy chiede «l'immediato ritiro» dei soldati russi. «Siamo molto delusi» dalla Russia «e pronti ad agire in qualunque momento» avverte la cancelliera tedesca Angela Merkel. Da Washington, Barack Obama fa sentire la voce degli Stati Uniti, che in mattinata hanno bloccato i visti di ingresso a un gruppo di autorità russe e ucraine: «Un referendum sul futuro della Crimea violerebbe la legge internazionale» dice il presidente, che ha firmato un ordine esecutivo in favore del varo di sanzioni contro chi «è più direttamente coinvolto nella destabilizzazione dell'Ucraina e della Crimea». «Qualsiasi discussione sul futuro deve includere il legittimo governo dell'Ucraina» dice Obama. Il presidente americano parla all'unisono con gli alleati europei, dopo una giornata di incontri al summit di Bruxelles e a Roma, dove si rivedono, ancora con un nulla di fatto, il segretario di Stato Usa John Kerry e il russo Serghei Lavrov. Gli Usa intanto si preparano alla guerra dell'energia inondando di gas l'Ucraina. ©RIPRODUZIONE RISERVATA