Profughi in via del Gaggian «Guai a cacciarli con la forza»
di Carlo Mion In attesa della decisione della magistratura a cui si è rivolta l'Opera Santa Maria della Carità, proprietaria dello stabile dove vivono, la Prefettura prende tempo e cerca in tutti i modi di evitare di usare la forza per lo sgombero dei profughi di via del Gaggian. Si cercano soluzioni alternative dove sistemare le persone che ora sono ospitate nell'abitazione che in futuro è destinata a diventare un centro Emmaus per tossicodipendenti. In Prefettura attendono anche la decisione della Commissione che deve valutare la richiesta di asilo per motivi umanitari, fatta da questi stranieri. Status conferito loro due anni fa quando, scappati dalla guerra in Libia, sbarcarono a Lampedusa e vennero portati in quell'edificio dalla Caritas diocesana. All'inizio erano in 20 e per due anni, alla Caritas, lo Stato pagò 46 euro al giorno per ogni persona ospitata. Ora finiti i soldi se ne devono andare. E dopo due anni, anche la convivenza con il resto del quartiere è diventata difficile. «La situazione è veramente rischiosa perché se non trovano una soluzione per dare loro questi permessi queste persone non solo resteranno qui, ma a loro se ne aggiungeranno delle altre», spiega Vittoria Scarpa di Razzismo Stop. «Del resto non sanno dove andare. Ma fino a quando questi permessi non vengono dati, loro resteranno. Anche coloro che hanno trovato un posto di lavoro e una sistemazione da qualche altra parte non si possono muovere perché senza quel documento non possono fare nulla. Il pezzettino di carta che danno loro in attesa del documento non vale nulla se non per rimanere qui. E poi se viene dato loro un permesso valido un anno, perché il documento viene consegnato dopo alcuni mesi dalla data di validità? È tutto un controsenso. Sta di fatto che prima arrivano questi documenti e prima queste persone se ne vanno. Di sicuro più il tempo passa senza che venga presa una decisione in tal senso, più la situazione qui degenera. Altri arriveranno anche perché sono solidali con stranieri nelle loro stesse condizioni. E per assurdo se in Africa i loro paesi si fanno la guerra, qui vivono senza problemi nonostante mille difficoltà». Nell'edificio, una villa grande con numerose stanze, vive una cinquantina di africani. Provengono dal Niger, dal Camerum, dalla Nigeria e dal Congo. Tra loro anche quattro donne. In Libia erano emigrati per lavoro, una volta scoppiata la guerra sono scappati nel nostro Paese. Alcuni raccontano di essere stati caricati a forza sui barconi per Lampedusa dai militari di Gheddafi. Nella villa di via del Gaggian vivono alla meno peggio e la situazione è al limite, da un punto di vista igienico sanitario. Le fogne sono piene, non c'è gas e l'acqua è poca. Il cibo lo cucinano come possono. Qualcuno si arrangia vivendo di piccoli espedienti, qualcun altro ha cercato fortuna in altre parti d'Europa, ma senza permesso o uno straccio di documento non si va da nessuna parte. «Deve essere chiara una cosa: nessuno deve usare la forza per mandare via queste persone», dice Vittoria Scarpa. ©RIPRODUZIONE RISERVATA