Negate le cure staminali a un ragazzino di 15 anni
Oggi iniziano le operazioni di fermata degli impianti di produzione della raffineria di Porto Marghera dell'Eni per eseguire gli interventi di modifica per l'avvio della produzione di biocarburanti (progetto Green Refinery). Nel periodo transitorio di fermata e di bonifica il livello visibile della torcia e dei camini potrebbe subire variazioni non legate a situazioni di criticità. Questa fase transitoria si concluderà entro i primi dieci giorni di agosto e da settembre inizieranno gli interventi di modifica e manutenzione degli impianti, che dovrebbero concludersi entro fine anno. Sebastiano è un ragazzino padovano di 15 anni che non vuole arrendersi. Lotta contro una malattia grave, invalidante, la tetraparesi spastica. Sa di avere poche chance, ma vuole giocarsi le carte che gli sono rimaste. La sua famiglia, assistita dagli avvocati veneziani Marco Vorano e Dario Bianchini, gli stessi che seguono il caso della piccola Celeste di Tessera, malata di atrofia muscolare spinale e in cura con le staminali, e da Matteo Barizza (foro di Padova, aveva toccato il cielo con un dito quando, a maggio, a seguito di un ricorso d'urgenza, il giudice del Lavoro Barbara Bortot aveva ordinato agli Spedali civili di Brescia di farlo rientrare nel contestato protocollo Stamina, come successo per Celeste. Ordinanza ribaltata pochi giorni fa: il tribunale di Padova, in composizione collegiale (giudici Ezio Bellavitis, Umberto Dosi e Francesco Perrone) ha detto «no». Sebastiano non potrà accedere al protocollo terapeutico a base di cellule staminali messo a punto da Davide Vannoni. Un metodo osteggiato da larga parte della comunità scientifica (perché non avallato da dati certi), somministrato a Brescia come cura compassionevole, fino allo scoppio del caso Stamina. A seguito di un'indagine avviata dalla procura di Torino, il ministero della Salute ha bloccato il protocollo, provocando una sollevazione dei pazienti e delle loro famiglie. L'ex ministro della Salute Renato Balduzzi si è visto costretto a emanare un provvedimento d'urgenza con cui permetteva a quanti fossero già pazienti di Vannoni di proseguire la terapia. Ed è proprio nel periodo di conversione del provvedimento in legge che giunge l'ordinanza di Barbara Bortot, convinta dalle motivazioni di Sebastiano, sostenute dai legali Vorano, Bianchini e Barizza. Una vittoria che aveva dato una piccola speranza al ragazzino, affetto da una patologia che colpisce la corteccia cerebrale. Sebastiano è fiaccato nel corpo, ma lucido e vitale come ogni giovane della sua età. E Vannoni, all'ospedale di Brescia, somministrava le staminali anche ai malati di tetraparesi spastica. Bortot, nell'ordinanza, ha messo nero su bianco che «il ricorso di Sebastiano è fondato». Sostiene che il decreto legge che permetteva di accedere al protocollo ai soli pazienti già in cura viola i principi costituzionali che tutelano il diritto alla salute. A quell'ordinanza hanno però opposto reclamo gli Spedali civili di Brescia. Il caso di Sebastiano è tornato quindi davanti al tribunale, in composizione collegiale. Questa volta però i giudici hanno deciso di negare a Sebastiano l'accesso alla cura sperimentale. Dosi, Bellavitis e Perrone hanno detto «no» anche a fronte della rivolta della comunità scientifica internazionale contro Vannoni. Nella seconda ordinanza viene fatto riferimento all'articolo della rivista Nature, che solleva pesanti dubbi sull'affidabilità scientifica del metodo. Una decisione che la famiglia di Sebastiano ha vissuto come uno schiaffo. E pochi giorni dopo è giunta una decisione che suona come una beffa: il tribunale di Chiavari ha dato il via libera all'accesso a Stamina a un altro bambino malato. ©RIPRODUZIONE RISERVATA